Si apre la stagione sciistica 2022. I nostri prodi sportivi italiani non vedevano l’ora e a ben ragione. Infatti l’Organizzazione meteorologica mondiale (ONM) dell’ONU, nel rapporto “Stato dei servizi climatici 2022”, prevede che tra 14 anni sciare a Cortina sarà impossibile causa neve bagnata dallo scioglimento dei ghiacciai. L’affermazione nasce dai numerosi test effettuati sulle Dolomiti a seguito della constatazione che l’area ha visto aumentare di 2 gradi la temperatura negli ultimi 120 anni, praticamente il doppio della media mondiale, con l’ovvia conseguenza per la sopravvivenza dei ghiacciai. Ora, considerando che il 2022 si avvia ad essere l’anno più caldo degli ultimi due secoli in Italia (dati CNR); che lo scorso 3 luglio è crollato gran parte del ghiacciaio della Marmolada causando 11 vittime, sempre in ragione della prolungata ondata di caldo; ci saremmo aspettati una maggiore sensibilità dei gestori degli impianti sciistici verso le cause dei mutamenti climatici.
Ed invece non sembrano di quest’avviso i fautori dell’innevamento artificiale, quello che utilizza i famosi cannoni sparaneve. Il funzionamento è intuitivo: questi macchinari sparano -appunto- acqua in pressione che tramite gli ugelli viene nebulizzata nell’aria e che, a causa delle basse temperature esterne, si trasforma in neve. Direte, si tratta di utilizzi sporadici e in eventualità eccezionali, falso. L’utilizzo dei cannoni è, negli ultimi anni, divenuta la regola, tanto che, ovunque in Italia, non è più possibile sciare su piste ad innevamento completamente naturale. E adesso domandiamoci quanta acqua serve e da dove viene e quanta energia consumano siffatti cannoni, sapendo che per produrre la neve artificialmente, occorrono acqua, aria ed energia. Qualcuno ha pensato di calcolarlo. Ci ha pensato la Commissione internazionale per la protezione delle Alpi (CIPRA) che è una organizzazione non governativa che ha come scopo lo sviluppo sostenibile nelle Alpi. In una sua relazione specifica (risalente ormai ad anni fa e che sarebbe il caso di rinnovare), CIPRA sostiene che occorrono mille litri d’acqua, cioè un metro cubo, per avere 2 metri cubi di neve. Per una pista di un ettaro occorrono almeno un milione di litri cioè mille metri cubi d’acqua. E per innevare artificialmente tutte le piste delle Alpi servono almeno cento milioni di metri cubi d’acqua, equivalenti a cento miliardi di litri per stagione sciistica (e va considerato che i cannoni vengono azionati più volte nella stessa giornata). Approssimativamente, il consumo annuo d’acqua di una città di un milione e mezzo di abitanti. E, precisa la CIPRA: “L’acqua viene attinta da torrenti, fiumi, sorgenti o dalla rete dell’acqua potabile, in un periodo di estrema scarsità. L’innevamento si pratica infatti soprattutto a novembre, dicembre, gennaio e febbraio, periodi in cui la disponibilità dell’acqua è soggetta a vincoli e fiumi e torrenti raggiungono il livello di magra”.
E il consumo energetico? Ci dice sempre CIPRA che, per l’intero arco alpino servono 600 gigawattora, corrispondente all’incirca al consumo annuo di energia elettrica di 130.000 famiglie di quattro persone. Ed infine, leggiamo dal sito montagna.tv, che “la particolare composizione della neve artificiale con un contenuto di acqua liquida pari a circa il 15-20 % (in quella naturale si assesta tra il 7 e il 10 %) provoca effetti completamente diversi sul terreno. Avendo un maggior peso e una minore capacità isolante rispetto alla neve asciutta porta al congelamento del suolo con la conseguente asfissia del manto vegetale. A dimostrazione di questo, il ritardo di circa un mese che si ha sull’inizio dell’attività vegetativa nelle zone interessate da innevamento artificiale. Questo effetto non è limitato a una perdita di vegetazione, ma ha influenza su tutto l’ecosistema dell’area”.
In conclusione ci poniamo alcune domande, a cui chiediamo anche a voi di dare risposta, pur riconoscendo che si tratta di questione controversa e che vi sono coloro che smentiscono i dati che vi abbiamo raccontato, l’innevamento artificiale può essere considerato compatibile con l’ecosistema montano specie in periodo di cambiamenti climatici e di crisi energetica? Non è meglio investire in altre bellissime attività sportive in montagna, diverse dalla pura discesa, meno impattanti in infrastrutture e più rispettose dell’ambiente, della flora e della fauna? E, tutto sommato, non è sempre meglio aspettare che nevichi naturalmente e fare di tutto perché questo avvenga ancora e con regolarità?
Federica Rochira