Un recente studio parla di presenza di Pfas ovunque,
finanche nella carta igienica. In Italia si è già vissuto,
in Veneto, un disastro ambientale legato a questi
inquinanti. Ma sembra che nulla sia cambiato.
Le PFAS, acronimo inglese di PerFluorinated Alkylated Substances sono sostanze che contengono almeno un atomo di carbonio completamente fluorurato, si trovano ormai ovunque in vernici, pesticidi, tessuti, stoviglie, contenitori per cibo, cosmetici. Anche nella pioggia e finanche nella carta igienica, come di recente dimostrato da uno studio condotto da American Chemical Society (qui) nell’università della Florida e appena pubblicato sul giornale Environmental Science & Technology Letters. La loro presenza non è una bella notizia per l’ambiente né per la salute. Ma non di questo vogliamo parlarvi, diciamo che vogliamo utilizzare questa news per fare appello alla vostra memoria, riferendoci a fatti di cronaca italiana.
Il termine Pfsa, infatti, dovrebbe farci ricordare il gravissimo inquinamento causato dalla Miteni di Trissino, in Veneto. La Miteni era una società chimica italiana di proprietà di WeylChem (ICIG) proprietaria anche del gruppo farmaceutico Cordenpharma. Nel libro di Andrea Palladino, Bandiera nera: le navi dei Veleni, la Miteni viene citata nello scandalo delle navi dei veleni, per il caso della nave Zanoobia nel porto di Koko in Nigeria negli anni ’80 dello scorso secolo. La Miteni è salita alle cronache nazionali ed internazionali per la scoperta di una grave dispersione nelle acque potabili, di falda e superficiali in tre province del Veneto (Padova, Verona e Vicenza) e in una trentina di comuni, di sostanze appartenenti al gruppo dei tensioattivi perfluorurati (PFAS) fra cui PFBA, PFBA,PFPeA, PFBS, PFHxA, PFHpA, PFBS, PFOS, PFOA, GenX e C6O4. L’attività industriale della Miteni ha inquinato sia le acque superficiali sia sotterranee, nonché l’acqua potabile per oltre 350 mila cittadini. Il monitoraggio condotto dalle autorità della regione Veneto, ha rilevato la presenza di PFOS tra il 63 e 100% dei siti campionati e PFOA nel 100% dei siti. È stato il primo studio epidemiologico condotto dall’ISS nel 2016, a rivelare nei residenti dei 21 comuni più contaminati, una concentrazione media di PFOA nel sangue, oltre otto volte superiore a quella rinvenuta nelle persone residenti fuori dall’area. A causa di questo disastro ambientale veneto, con ricadute sulla salute dei suoi abitanti, nel 2017, l’Italia è anche diventata un caso di studio per l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Proprio gli esperti dell’OMS hanno ribadito come siano fondamentali continui studi epidemiologici e biomonitoraggio, per prevenire e limitare i danni sanitari nelle nuove generazioni.
Ma, a distanza di anni dal report dell’OMS, come hanno denunciato i medici di Isde, con un position paper (qui) a maggio 2019, tutto procede ancora a rilento, per esempio nella mappatura completa dei pozzi contaminati.
E andiamo nel dettaglio: che cosa sono le PFSA?
Le PFSA sono una famiglia di composti chimici usati prevalentemente in campo industriale. Tecnicamente sono catene alchiliche idrofobiche fluorurate ovvero acidi usati in forma liquida con una struttura che li rende resistenti ai processi di degradazione. Inoltre, sono sostanze chimiche di sintesi utilizzate principalmente per rendere resistenti ai grassi e all’acqua vari materiali come tessuti, tappeti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti. E ancora per rivestire padelle antiaderenti e nella produzione di abbigliamento tecnico. Le classi più diffuse sono il PFOA (acido perfluoroottanoico) e il PFOS (perfluorottanosulfonato).
Perché sono considerati pericolosi?
Se smaltiti illegalmente o non correttamente nell’ambiente, i Pfas penetrano nelle falde acquifere e, attraverso l’acqua, raggiungono i campi e i prodotti agricoli e di conseguenza gli alimenti. Diventano così tossici non solo per l’uomo, ma anche per tutti gli organismi viventi, mentre se presenti nell’aria, ricadono sul suolo, seppur in maniera lenta, in un tempo stimato di giorni o settimane. Bisogna considerare che il nostro organismo e quello di tutti gli esseri viventi, comunque vada, li assorbe per via orale, attraverso il consumo di acqua potabile e degli alimenti. I rischi per la nostra salute sono elevati in quanto tendono a rimanere a lungo nell’organismo anche per molti anni. In molti, ricercatori e scienziati, ritengono che i Pfas possano avere effetti negativi sulla salute come danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro.
Per questo, sentire parlare ancora oggi, ad oltre un decennio dai fatti della Miteni, di PFAS, nonostante i danni alla salute provocati in più di 350mila abitanti e in più di 50 comuni di 4 province venete (secondo le stime della stessa regione Veneto e ARPAV), sentire ancora -dicevamo- ipotizzare possibili disastri ambientali, ci conferma quanto sia sempre essenziale, informare e sensibilizzare sempre più frequentemente la collettività attraverso un’informazione dettagliata sui fenomeni purtroppo sempre in crescita, troppo spesso legati ai cambiamenti climatici, sempre più ingestibili.
Federica Rochira, Website Founder