In Commissione al Senato approvato all’unanimità un emendamento
al Decreto Siccità che apre alla sperimentazione di varietà vegetali
ottenute con biotecnologie denominate NGT (New Genomic Techniques)
o TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita), che la Corte di Giustizia,
in una sentenza del 2018, ha equiparato a tutti gli effetti agli OGM.
Per l’Italia sarebbe l’abbandono della sua ventennale linea
rigorosamente contraria agli OGM, rappresentando la premessa per portare
sulle tavole degli italiani cibo geneticamente modificato. Le associazioni
ambientaliste, di produttori e di consumatori ne chiedono il ritiro
Le Commissioni VIII e IX (Agricoltura e Ambiente) del Senato hanno approvato all’unanimità, con la classica subdola manovra, un emendamento al decreto “siccità” (DDL 660) che introduce la possibilità di prove sperimentali in campo agricolo, finalizzate alla sperimentazione di piante ottenute con tecniche genomiche di nuova generazione. Queste, in modo meno evidente e traumatico di quanto fatto finora dagli OGM, immettono nella pianta elementi del DNA provenienti da piante della stessa o di altre specie, in grado di modificarne il comportamento. Il correlato finanziamento di 60 milioni di euro nel triennio 2023-25, inserito nella stessa legge e volto allo smaltimento del materiale vegetale prodotto, dimostra l’intento di procedere celermente in questa direzione e, anche, la natura non troppo “innocua” per l’ambiente di questa sperimentazione unita alla volontà di allettare i sindaci a concedere le autorizzazioni, garantendo loro il generoso rimborso delle spese di smaltimento.
Per impedire che si dica che con la siccità questo finanziamento non c’entra alcunché, all’articolo 9 bis, comma 1 si introduce la parola nel testo con un generico riferimento alle finalità, seguita dalle definizioni: “Per consentire lo svolgimento urgente delle attività di ricerca, verifica e monitoraggio, presso siti sperimentali autorizzati, a sostegno di produzioni vegetali in grado di rispondere in maniera adeguata a scarsità idrica e in presenza di stress ambientali e biotici di particolare intensità, è ammessa, secondo quanto disposto dal presente articolo e nel rispetto del principio di precauzione e della normativa dell’Unione europea in materia, l’emissione deliberata nell’ambiente, a scopi scientifici e sperimentali, di organismi prodotti mediante tecniche di evoluzione assistita quali la cisgenesi e la mutagenesi sito-diretta. Per cisgenesi si intendono le tecniche genomiche finalizzate all’inserzione, senza modificazioni, di materiale genetico appartenente ad un organismo donatore della stessa specie del ricevente, ovvero appartenente ad una specie affine sessualmente compatibile, come indicate dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare e dalla Commissione europea. Per mutagenesi sito-diretta si intendono le tecniche genomiche finalizzate alla modifica del DNA di un organismo senza l’introduzione di materiale genetico estraneo all’organismo stesso, indicate come SDN-1 e SDN-2 dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare e dalla Commissione europea.”La sigla NBT usata internazionalmente, sta per New Breeding Techniques, cioè nuove tecniche di miglioramento genetico, e comprende tutte le tecniche di correzione mirata del genoma, note anche come genome editing; queste tecniche sono state ora denominate TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita) in italiano, pretendendo che il cambio del termine possa dimostrarne la maggiore “naturalità”.
L’episodio risulta grave per diversi motivi: per l’unanimità tra le forze politiche, che mostra come la tutela dell’ambiente e la sicurezza alimentare siano considerati dai nostri parlamentari un affare da risolvere, con notevole incoscienza, attraverso un escamotage legislativo; per la fiducia che i dirigenti delle OO.PP. mostrano nei possibili risultati della ricerca, pensando ancora una volta erroneamente – come in passato – che la caccia ai brevetti e la proprietà del genoma siano solo un problema tecnologico e non un enorme affare sulla pelle delle popolazioni del pianeta; per la fiducia eccessiva riposta nelle possibilità di avanzamento della ricerca, rinnovellando attraverso i TEA il mito della pietra filosofale, sicuri che questa volta non si tratti solo un mito. Come ci ricorda giustamente il comunicato di tutte le associazioni ambientaliste, di produttori e di consumatori, molte delle quali raccolte sotto la sigla “Cambiamo l’agricoltura!”, il voto unanime nelle Commissioni rafforza un modello produttivo intensivo basato sull’illusione che la sola tecnologia possa risolvere i problemi della crisi ambientale di origine antropica. In realtà, si rafforzerebbe il potere di controllo sulle filiere agroalimentari da parte delle multinazionali, detentrici dei brevetti, e delle corporazioni agricole a danno di agricoltori e cittadini.
Acu chiede l’immediato stralcio di un emendamento inutile e dannoso dal testo del DDL 660 che dovrebbe sostenere l’agricoltura in momento di crisi.
Mentre all’estero la discussione coinvolge molti settori della società e se ne approfondiscono gli argomenti, da noi l’argomento stesso viene oscurato e deviato dalle consuete motivazioni emergenziali (dobbiamo lottare contro la siccità), giocando sull’equivoco del “nuovo” come sinonimo di innocuo, a differenza dei precedenti OGM. Ma la sentenza della Corte di Giustizia Europea nella causa C-528/16, già nel 2018 equiparò a tutti gli effetti gli NBT/TEA agli OGM, rendendo la sperimentazione soggetta agli stessi condizionamenti dati agli OGM, vale a dire possibile solo rispettando alcuni criteri. Parte di questi criteri sono già presenti nella legge sementi del 2001 – e risultano ancora in vigore – e sono relativi alle informazioni sui campi sperimentali e alla valutazione del rischio per l’agro biodiversità, i sistemi agrari e le filiere agroalimentari. Il tentativo surrettizio del testo di legge di considerare la sperimentazione rispettosa del principio di precauzione urta contro la necessità d’informazione trasparente e pubblica dell’attività, non durante ma prima di effettuarla. In sostanza si tratta di un colpo di mano di un manipolo di ignoti che intende spazzare via decenni di discussione sugli OGM che nella UE portarono all’inserimento del Principio di precauzione nei Trattati. Questo fatto ci differenziò radicalmente dal modo di trattare le questioni di sicurezza alimentare e ambientale rispetto alla normativa statunitense; nel nostro Paese risultarono in tal modo favorite le varietà locali e certamente fu uno dei fattori dell’affermazione del “made in Italy”, del mantenimento di produzioni altrimenti fuori mercato e dello sviluppo diffuso delle coltivazioni biologiche. I metodi di coltivazione meno tecnologici come il biologico oggi sono redditizi, impediscono l’ulteriore inquinamento e favoriscono il risanamento del territorio, sono in grado di dare una personalità ed un’immagine al made in Italy. Ma sembra che il pensiero dominante delle organizzazioni agricole maggioritarie sia quello di salvare le loro filiere e con esse il sistema di mercato oggi fortemente in crisi.
Come l’alluvione in Romagna ha dimostrato, il sistema più avanzato di agricoltura di mercato risulta fortemente vulnerabile a causa del cambiamento climatico e la lotta contro la siccità non troverà, a breve, conforto nella ricerca sul genoma. Sin dall’inizio degli anni ’80 le ricerche sul genoma hanno sperato di trovare un elemento del DNA da trasferire e rendere ogni possibile varietà vegetale resistente agli stress idrici, partendo dal riso, senza sino ad ora riuscirci. Ma in questo c’è una contraddizione interna insuperabile, di cui non tengono in conto sia il mondo della ricerca che i parlamentari che hanno così superficialmente votato: è il mercato. Lo stesso mercato che spinge a finanziare ricerche costosissime e a strappare il sapere dell’agricoltura dalle mani dei contadini, renderà inutile le invenzioni introdotte. Perché le colture ad alto reddito sono irrigue, perché le piante producono di più se vengono irrigate e perché è più facile coltivare piante che sono nate nei climi della savana e varietà di cereali più rustiche ed antiche rispetto a quelle attuali, che comperare grano (costosissimo), risultato della ricerca sulle varietà transgenica. I vecchi OGM sono falliti sul mercato per motivi economici e non tanto per questioni genetiche; queste ultime sono risultate importanti per la perdita di biodiversità avvenuta e per le mutazioni indotte, fatti per cui si dovrebbe impedire di continuare a sperimentare alle spalle delle popolazioni del pianeta. L’unanimità raggiunta nel voto pro-TEA mostra solo la distanza che ormai esiste tra la vita delle persone e quella dei politici italiani.Si dice che questo voto aiuterà a sostenere il made in Italy: vorrei che mi si spiegasse come e perché. Quello che vedo quotidianamente andando al mercato rionale è la folla (in costante aumento) ai banchetti della verdura di scarto, quella che viene venduta oggi a 1,5/2 euro, mentre fino a tre mesi fa costava meno di 1 euro al Kg. E nei supermercati vedo esaurirsi rapidamente le offerte del giorno a scapito dei prodotti certificati e più costosi.
Altro che “made in Italy”, gli italiani mangiano sempre più quello che riescono a comperare con i bassi redditi che hanno e la ricerca dovrebbe spingersi a trovare sistemi di coltivazione meno costosi e meno inquinanti, in grado di migliorare l’alimentazione di massa e, attraverso di essa, la salute della popolazione.
Gianfranco Laccone, agronomo, presidenza nazionale ACU Associazione Consumatori Utenti