Come si fa prevenzione? Analizzando seriamente le cause
dei cambiamenti climatici e adeguando i comportamenti
futuri. Un gruppo di studio formato da esperti,
docenti e ricercatori ha analizzato la bozza del
PNACC e lo ha sonoramente bocciato.

Oggi la priorità è pensare all’Emilia Romagna e agli interventi ancora da completare nel Lazio, Toscana, Marche, Calabria, Umbria, Campania, ecc. Occorre assicurare ristori e soluzioni definitive per tutti, nessuno escluso. Bisogna agire con rapidità dirottando i fondi previsti per opere inutili (vedi ponte sullo Stretto) verso le opere veramente utili e necessarie per esseri viventi ed ecosistema. Terremoti, frane, alluvioni, dissesto idrogeologico, la lista delle incompiute nel nostro fragilissimo Paese è veramente lunga e corriamo il concreto rischio di allungarla in futuro se non si penserà solo all’oggi ma anche, magari con maggiore intensità e convinzione, anche al domani.

Prevenzione è la parola magica di cui si riempiono la bocca un po’ tutti. Ma come si fa la prevenzione? Preparando i moduli abitativi per ospitare i prossimi sfollati o analizzando seriamente le cause dei cambiamenti climatici e adeguando i comportamenti futuri? Per noi non c’è altra risposta che la seconda (la prima, è attività di protezione civile e certamente va programmata anch’essa).
Evidentemente, non tutti appaiono consapevoli di questa realtà: c’è chi la nega, c’è chi dice che non sono possibili previsioni in tal senso. Errore! Le previsioni ci sono e sono, purtroppo, drammatiche. Ce lo spiega, sotto, la nostra
Federica Rochira nella sezione GREEN NEWS.

È l’Organizzazione Meteorologica Mondiale WMO a stimare, nel suo ultimo rapporto di maggio (che trovate sempre sotto) che nei prossimi cinque anni le temperature globali sono destinate ad aumentare ancora. E -ci spiega ancora Rochira, insieme alla quasi totalità degli scienziati- il continuo aumento della temperatura globale produrrà progressivamente lo scioglimento dell’Artico, il cambiamento delle correnti oceaniche, l’innalzamento del livello dei mari, l’aumento esponenziale di eventi climatici estremi come siccità, cicloni, incendi, alluvioni e violente nevicate.
Allora, siamo noi ad essere
pessimisti? No! Semmai siamo fin troppo realisti analizzando le attività dei nostri decisori politici. Leggiamo, ad esempio, sul sito SCIRE Scienzainrete (trovate il collegamento sotto ne IL MEGLIO DAL WEB) il position paper, a cura del gruppo di lavoro “Minds for One Health” (M4OH) formato da esperti, docenti e ricercatori, dedicato al Piano di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC), attualmente in fase di valutazione (l’Italia è uno dei pochi paesi europei a non averlo ancora adottato) che ne evidenzia i limiti importanti che svuotano di alcuna efficacia il documento.

La lettura dello studio è veramente istruttiva e la raccomandiamo a tutti.

Nelle premesse di contesto e metodologiche: “L’Italia e l’Europa affrontano i fenomeni migratori senza alcun collegamento con le strategie di adattamento ai cambiamenti climatici. Per l’Italia a ciò si aggiunge l’enorme ritardo con cui è stato affrontato il tema dell’adattamento, e l’assoluta inadeguatezza degli strumenti individuati, in particolare il PNACC (…) La nostra analisi del PNACC parte da una considerazione molto semplice: un piano è composto da una o più azioni, ciascuna caratterizzata da una sequenza di attività (dalla progettazione di massima alla progettazione esecutiva fino alla realizzazione e al collaudo), accompagnate dall’analisi dei tempi e delle risorse necessarie per il raggiungimento del relativo obiettivo. Il raggiungimento degli obiettivi delle singole azioni implica il perseguimento dell’obiettivo generale del piano. Se si tratta di un piano nazionale vanno altresì esplicitati, per ogni azione, le eventuali sinergie o contrasti (da risolvere) con gli altri strumenti di pianificazione sovranazionali, nazionali, regionali e locali. “.

 

Nel merito (in sintesi, rinviando al documento completo):

– più dell’82% delle 116 pagine è dedicato alla descrizione dei quadri normativi internazionale, europeo e nazionale, alla definizione del cambiamento climatico e al suo impatto e, infine, alla bibliografia quando sarebbe stato sufficiente un rimando alle specifiche normative e ai documenti elaborati degli Enti istituzionali preposti.
– Il rimanente 18% del documento sulle azioni da intraprendere, le azioni invece non vengono descritte.
– Manca quel percorso logico (e normativamente codificato) che espliciti le motivazioni delle scelte fatte, stabilisca gli obiettivi, ne documenti l’impatto positivo e gli eventuali impatti negativi residui con i relativi interventi di mitigazione.
– Le 361 azioni menzionate nel documento principale vengono elencate in un foglio Excel di un’appendice al Piano ma 5 azioni su 361, pari all’1,3%, contengono indicazioni quantitative. Sui tempi, sulle risorse e competenze necessarie per il raggiungimento dell’obiettivo di ogni azione si registra un’analoga carenza di dati e informazioni.
– Manca, inoltre, il collegamento/sinergia delle azioni di adattamento con quelle di mitigazione, ovvero con le azioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra.
– Non sono previste azioni di adattamento utili a ridurre le emissioni e aumentare la capacità degli ecosistemi di assorbire anidride carbonica e al fine di stabilizzare la temperatura del pianeta o quanto meno limitarne l’ulteriore aumento.
– Non sono identificati gli obiettivi da raggiungere tramite azioni che devono essere assunte e declinate in ogni altro atto di pianificazione pertinente, con i dovuti livelli di priorità (da stabilire sulla base di criteri freddi di impatto e co-benefici), coordinamento e armonizzazione.
– Manca qualsiasi indicazione su come il PNACC si integri con gli altri strumenti di pianificazione nazionali e regionali, primo fra tutti il PNRR, perdendo così l’occasione per meglio indirizzare i fondi del PNRR verso azioni di sostenibilità necessarie e urgenti
– Non è affrontato il tema del tipo di organizzazione operativa necessaria all’attuazione del PNACC e le informazioni fornite sull’Osservatorio non appaiono sufficienti a valutare l’adeguatezza di questo strumento.
– Parimenti carenti sono gli elementi su come interagire con la governance degli altri piani (oltre al PNRR, i piani e i programmi nazionali e regionali per il risanamento della qualità dell’aria, per la riduzione del traffico automobilistico, per la pianificazione urbanistica e la tutela del suolo, il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima etc.).
– Le misure nature based non sembrano avere il rilievo quantitativo e qualitativo che meriterebbero, benché la Strategia europea sull’adattamento ai cambiamenti climatici le consigli caldamente: meno cemento e acciaio, più natura.
– Manca un riferimento chiaro al tema dei co-benefici. Come molti organismi scientifici nazionali ed internazionali hanno suggerito, l’inquinamento atmosferico e il cambiamento climatico sono sostenuti, in gran parte, dalle medesime cause e si potenziano a vicenda.

Conclusioni del gruppo di lavoro “Minds for One Health” (M4OH):

La nostra analisi ci porta a concludere che il PNACC non è un piano con le caratteristiche essenziali sopra riportate”.

Adesso diteci voi se essere ottimisti in vista delle prossime alluvioni.

Giuseppe d’Ippolito, Website Founder