Produrre e consumare prodotti alimentari e bevande senza additivi
significa agire per uno scenario dove il consumo e lo sviluppo sostenibile
si collocano concretamente tra i 17 Obiettivi e i 169 Traguardi (Target)
dell’Agenda Globale per lo Sviluppo sostenibile deliberata dall ONU il 25 settembre 2015.
Lo scritto che segue è tratto dalla Introduzione alla Prassi di Riferimento UNI 57:2019.
Spiega perché è possibile avviarsi ad un progressivo abbandono dell’uso degli additivi alimentari
e perché questo è utile non solo per la salute dei consumatori ma anche per l’Ambiente e per il mercato
Gli additivi alimentari sono sostanze chimiche utilizzate negli alimenti e nelle bevande con una specifica funzione tecnica. Da migliaia di anni si conosce la funzione conservante del cloruro di sodio o dell’affumicatura o il potere antimicrobico dello zolfo e di alcuni suoi derivati.
Fino a gran parte del XVIII secolo la principale esigenza di produttori e consumatori è stata quella di poter conservare nel tempo le derrate alimentari, sia per affrontare il susseguirsi delle stagioni e delle insufficienze produttive o, peggio, le carestie o le avversità di ogni tipo.
Con il diffondersi delle conoscenze e dell’evoluzione dello sviluppo tecnologico e produttivo, sono venuti a maturare anche nuovi mercati e nuove opportunità di consumo. E’ con lo sviluppo esponenziale dell’industria chimica, alimentare e farmaceutica, che già tra la prima e seconda guerra mondiale vengono individuate delle sostanze chimiche con la funzione di additivi alimentari.
Per alcuni decenni si adottò la lista negativa, ovvero solo le sostanze incluse in tale lista erano vietate, mentre ogni nuova molecola con funzione additiva poteva essere tranquillamente utilizzata.
Così per anni sono state immesse sul mercato, con gli alimenti, molti additivi che le successive verifiche scientifiche e sperimentali hanno dimostrato essere dannosi per la salute umana. In Italia l’introduzione legislativa della lista positiva è avvenuta nel 1968 e soltanto il 16 dicembre 2008 vengono promulgati ben quattro Regolamenti CE, n.1331 (procedura autorizzativa uniforme per additivi, enzimi e aromi), n.1332 (enzimi), n.1333 (additivi), n.1334 (aromi).
Così si è pervenuti al consolidamento normativo del processo di armonizzazione a livello europeo permettendo anche l’avvio dei programmi di revisione e/o aggiornamento costante nel tempo. Ad oggi sono alcune decine gli aggiornamenti normativi dell’intera materia su additivi, enzimi e aromi. Già con il Regolamento 1333/2008 gli additivi autorizzati vengono suddivisi in 27 categorie funzionali a dimostrazione della complessa articolazione del settore.
È interessante leggere in uno dei 28 considerando del Regolamento n.1333 come si renda necessario una verifica continua della pericolosità degli additivi che, dovrebbero essere tenuti sotto osservazione continua e devono essere sottoposti ad una nuova valutazione ogni volta che il mutamento delle condizioni del loro uso e nuove informazioni scientifiche lo rendano necessario.
Le novità di certo non mancano se già in tale Regolamento si richiama l’attenzione nel considerando 13 che, metodi significativamente diversi potrebbero implicare tra l’altro un cambiamento nel metodo di produzione, con un passaggio dall’estrazione da piante alla produzione per fermentazione mediante un microrganismo o la modificazione genetica del microrganismo originale, una modifica delle materie prime o una modifica della dimensione delle particelle, anche mediante l’uso delle nanotecnologie.
L’evoluzione dei metodi di produzione appare determinante anche per i possibili effetti che talune sostanze possono avere sulla salute umana. Studiosi ed esperti segnalano un preoccupante aumento delle allergie, che, in taluni casi, sono chiaramente provocate dall’ingestione di alimenti e bevande contenenti additivi (è nota l’allergia da solfiti).
Secondo le stime presentate nel 2016 al 29° congresso nazionale della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica (Siaaic) ogni italiano ingerisce circa 1 Kg di additivi alimentari l’anno. Sono centinaia le sostanze additive autorizzate e secondo alcuni esperti si arriverebbe addirittura a tremila, il numero di sostanze estranee che vengono veicolate con alimenti e bevande.
Si tratta di un fenomeno poco conosciuto che certamente incide sul trend dell’evoluzione delle allergie alimentari. Le autorità sanitarie concordano sul fatto che si tratti di fenomeni in aumento. Sulle allergie alimentari la Società italiana di allergologia parla di 600 mila bambini colpiti e di 1 milione e 300 mila adulti. Secondo dati Istat del 2008 i colpiti da allergia sono il 9,6% nella fascia da zero a 14 anni e il 12,8% nella fascia da 15 a 24 anni. Stime autorevoli ritengono che in Italia gli allergici/intolleranti agli additivi sono il 4% di tutti coloro che non tollerano uno o più cibi: poco meno di 100000 persone in continuo aumento.
Nella letteratura l’allergia alimentare si presenta con ampie differenze di prevalenza, che variano tra il 3,24% e 34,9% nella popolazione generale (Madsen, 2005). Differenti criteri di inclusione, diverse definizioni di malattia e diversi punti di cut-off utilizzati nei test degli studi clinici condizionano l’interpretazione dei risultati; d’altra parte il confronto è reso difficile dalle differenze geografiche, genetiche, culturali e di abitudini alimentari (Schäfer et al., 2001).
Nonostante le difficoltà, la stima approssimativa dell’allergia alimentare è collocabile al 3% nella popolazione generale, in accordo con tre recenti studi europei sull’allergia alimentare percepita (Roehr et al., 2004) o confermata al test di provocazione orale con placebo (Osterballe et al., 2005). Va rilevato che i loro criteri di inclusione per test positivi per allergia, per quanto simili, non sono identici.
Anche se non sono certi i dati sulle specifiche e molteplici cause delle allergie, non si può ignorare che diversi additivi provocano ipersensibilità nei giovani consumatori, mascherano le caratteristiche intrinseche del prodotto alimentare connesse alle qualità organolettiche (consistenza, colore, aroma, palatabilità…).
L’utilizzo degli additivi, degli enzimi e degli aromi consente o facilita l’ottenimento di “nuovi” prodotti e ciò rappresenta anche un fattore concorrenziale tra produttori e una conseguente maggiore scelta per il consumatore, ma questo avviene in un contesto dove continuano a peggiorare le condizioni di salute della popolazione (sovrappeso, obesità, ipertensione e patologie cardiovascolari, diabete, tumori).
Si assiste in tutto il mondo il manifestarsi di due fenomeni di massa molto preoccupanti come la malnutrizione per eccesso e la malnutrizione per difetto, che per essere affrontati con efficacia richiederebbero un rapporto uomo-cibo-ambiente decisamente più sano e non artefatto.
In questo scenario la possibilità di un mercato di alimenti e bevande senza additivi si colloca in un preciso indirizzo innovativo e consapevole per tutti i soggetti coinvolti.
L’ACU-Associazione Consumatori Utenti nella consapevolezza del proprio ruolo e dell’esperienza maturata già a partire dagli anni ’80, ritiene che la produzione ed il consumo di alimenti e bevande senza additivi rappresenti una risposta che qualifica il mercato italiano anche guardando al consolidamento e all’ampiamento del made in.
Progettare e ottenere prodotti alimentari e bevande senza additivi si traduce in innovazione tecnologica, con un maggiore rispetto per l’ambiente, con l’opportunità di accrescere una qualificata professionalità in tutta la catena produttivo-commerciale, alza il livello sulla tutela della salute dei consumatori, sviluppa nuovi elementi di prevenzione sanitaria con progressiva riduzione della spesa sanitaria, facilita il maturare di una nuova consapevolezza e responsabilità del consumatore e delle loro rappresentanze.
È un formidabile strumento di educazione alimentare per tutte le età.
Il produrre e consumare prodotti alimentari e bevande senza additivi significa agire per uno scenario dove il consumo e lo sviluppo sostenibile si collocano concretamente tra i 17 Obiettivi e i 169 Traguardi (Target) dell’Agenda Globale per lo Sviluppo sostenibile deliberata dall ONU il 25 settembre 2015 (qui).
Gianni Cavinato – Presidente nazionale ACU – Associazione Consumatori Utenti