Diritti sociali e diritti ambientali marciano spesso separati e,
troppo spesso, in contraddizione gli uni dagli altri. Lo si nota
non solo nelle discipline legislative e regolamentari ma anche
nel “comune sentire” della “gente comune”, veicolato e amplificato
da partiti, opinion leader e taluni gruppi di pressione. Ma mi piace
credere nel connubio tra diritti sociali e diritti ambientali e non smetterò
di fare di tutto per favorirlo
Continuo ancora con il confronto tra diritti. Questa volta però non propongo un confronto che possa trasformarsi in un conflitto, come tra tutela del Paesaggio e tutela dell’Ambiente (ne ho parlato la scorsa settimana, qui), ma la rappresentazione di due diritti che devono, sempre, convivere e coesistere sullo stesso piano e, è il mio auspicio, godere della medesima considerazione nella programmazione politica di qualsivoglia governo o parlamento e nella opinione di tutti i cittadini.
Mi tengo sempre nell’alveo costituzionale perché, come abbiamo già visto, il diritto all’Ambiente trova riconoscimento nella nuova formulazione degli artt. 9 e 41 della Costituzione, mentre i diritti Sociali hanno un riconoscimento più antico e più articolato: oltre all’art. 2 che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, l’art. 24 che sancisce il diritto alla salute, l’art. 25 il diritto alla sicurezza sociale, l’art. 27 il diritto a un tenore di vita adeguato, l’art. 28 il diritto all’istruzione, l’art. 32 il diritto al lavoro, ecc.
E da dove nasce l’attualità del confronto che vi propongo oggi? Proprio dal fatto che essi marciano spesso separati e, troppo spesso, in contraddizione gli uni dagli altri. Lo si nota non solo nelle discipline legislative e regolamentari ma anche nel “comune sentire” della “gente comune”, veicolato e amplificato da partiti, opinion leader e taluni gruppi di pressione. Qualche esempio chiarirà meglio il mio pensiero. Aumentano i prezzi dell’energia o della benzina? Le soluzioni non sono indirizzate a interventi sulla fonte degli aumenti: cioè, nella stragrande maggioranza dei casi, sulle speculazioni finanziarie. No, si invocano incentivi e sostegni economici, per incrementare i consumi o, alla peggio, per mantenerli ai livelli attuali. Poco importa se consumare più da fonti energetiche fossili danneggia l’Ambiente e allontana dagli obiettivi della transizione ecologica. E la contraddizione sta proprio nel fatto che ad invocare sostegni economici ad un maggior (o uguale) consumo, sono spesso proprio gli schieramenti che vogliono spingere (meglio: dichiarano di voler spingere) sulla transizione ecologica. Non faccio nomi di persone e schieramenti o sigle, per carità di patria. Ma tutti potranno verificarlo.
Ancora, potrei dirvi dei famigerati SAD, Sussidi Ambientalmente Dannosi, ammontanti ad una cifra che va dai 20 ai 40 miliardi di euro l’anno (secondo le metodologie di calcolo), destinati ai settori del trasporto, della pesca, dell’agricoltura, ecc., per mantenere attività che utilizzano tecnologie e mezzi obsoleti, che utilizzano energia fossile che, anch’esse, danneggiano l’Ambiente. Ebbene, guai a chiedere di eliminarli perché la loro erogazione serve a mantenere il consenso (del quale si nutre il potere) in ampie categorie sociali, nonostante che il risparmio che si ricaverebbe potrebbe essere reinvestito nel welfare sociale (sanità, scuola, mobilità infrastrutture).
E Dio solo sa quanto ci sarebbe bisogno, in Italia, di investimenti in una sanità nazionale che è così malridotta, sempre più privatizzata e da cui è sparita ogni idea di prevenzione, da non garantire neanche lontanamente il diritto alla salute scritto nell’art.32 della Costituzione. O nel contrasto alla povertà totale con un’offerta di veri servizi di cittadinanza (abitazione, sanità, alimentazione). O in infrastrutture dedicate a contrastare il dissesto dei territori. O in una edilizia efficiente energeticamente e resistente ai, purtroppo ciclici, terremoti. O in una vera, efficiente e alla portata di tutti, mobilità collettiva su rotaie o anche su gomma, magari elettrica. O in un’istruzione efficace che garantisca come percorso naturale, lo sbocco dagli studi al lavoro. E potrei continuare per pagine e pagine di elenchi di diritti sociali traditi o mai realizzati. Noterete che si tratta, per tutti, di diritti garantiti dalla Costituzione italiana.
Prevengo subito una facile obiezione: ma l’aumento della benzina è un’ulteriore afflizione economica per le tasche dei cittadini, non è giusto aiutarli? Certo che sì, ma intervenendo sulle dinamiche dei prezzi per ridurli ovvero offrendo alternative, come la mobilità collettiva, ad esempio, che facciano crollare la domanda (e, quindi, i prezzi).
È per questo che i diritti ambientali, che un’alternativa nei comportamenti individuali la propongono, possono e devono convivere con i diritti sociali.
Certo, sono processi più lunghi, ma se mai si inizia, mai si finisce. E, in questa prospettiva, non mi preoccupa tanto l’effimerità delle nostre classi di decisori politici, tutte, preoccupate di un consenso labile e fugace, quanto il messaggio e i valori che si vanno consolidando nell’opinione pubblica. Nessuno dice, ad esempio, che tutti gli economisti concordano sul fatto che ogni sussidio calcolato sui prezzi di beni e servizi porterà a un aumento dei consumi (anche chi non ne ha la necessità, non può perdere l’”occasione”) e, di rimbalzo, degli stessi prezzi e l’aumento dei prezzi indurrà quindi i politici ad aumentare ancora il sussidio, in una spirale in cui pochi si arricchiscono, molti vivono in un disagio sociale permanente e l’Ambiente si distrugge. Le conseguenze di tutto ciò sono che si interviene senza alcun criterio di proporzionalità sociale (dei sussidi usufruiscono i poveri come i ricchi, in egual misura) e che, alla fine, non si sostengono economicamente i cittadini ma i mercati, specie quelli finanziari.
C’è una sola parola che rappresenta la sintesi perfetta di questo distorto modo di pensare e con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno: CONSUMO. Consumo di suolo, consumo di risorse, consumo di energia. Invece di incrementare i consumi attraverso le sovvenzioni per contrastare i prezzi, i governi dovrebbero sovvenzionare i RISPARMI o i CONSUMI CONSAPEVOLI, ad esempio pagando le famiglie che consumeranno meno energia quest’inverno rispetto all’inverno precedente. Incentivando l’autoproduzione energetica o le Comunità Energetiche Rinnovabili. Favorendo le famiglie, con abbonamenti gratuiti o a costo ridotto, che utilizzano trasporti pubblici (da efficientare) al posto della propria auto. Garantendo risparmi sulle tasse locali per chi produce meno rifiuti da smaltire, secondo i principi dell’economia circolare.
Sovvenzionando l’abbandono delle fonti fossili nei mezzi di produzione e trasporto. Stimolando l’innovazione green in settori troppo ancorati al passato, es. agricoltura, pesca, industrie inquinanti. Garantendo che le dinamiche dei prezzi non impediscano a nessuno l’accesso ad un’alimentazione di qualità e sicura per la salute. Anche queste misure comporterebbero una spesa fiscale, ma il modello prevede che gli esborsi pubblici si ripagherebbero da soli, per lo più con la riduzione dei prezzi ma anche, e soprattutto, con un miglioramento della qualità della vita e una vera spinta propulsiva verso la transizione ecologica.
Tutto questo è utopia? Non lo so. Certo, è necessaria una rivoluzione, innanzitutto culturale, ma mi piace credere nel connubio tra diritti sociali e diritti ambientali e attendo con impazienza l’aggiornamento dell’enciclica Laudato Sì, preannunciata da Papa Francesco alla delegazione di avvocati che, secondo i più informati, avrà forti contenuti giuridici e verterà proprio sul concetto di “ecologia integrale” e quindi sul legame tra diritti sociali e diritti ambientali.
Non smetterò di fare di tutto per favorire questa connessione di valori, questi sì equiordinati. Con i miei mezzi, con le mie forze, che potremo moltiplicare solo con la condivisione dei comportamenti virtuosi dei singoli, partendo dall’unica certezza che ho: continuare a foraggiare i consumi tradizionali, semplicemente non ha più alcun senso.
Giuseppe d’Ippolito