È necessaria una sinergia intergenerazionale nella difesa
dell’Ambiente, perché tutti, a qualunque età, siamo oggi
coinvolti in egual misura e abbiamo eguali responsabilità
per il domani del pianeta

Non condivido l’opinione comune secondo cui sono le generazioni più giovani ad essere le più preoccupate per l’Ambiente e i Cambiamenti Climatici. Se fosse realmente così, sarebbe un grave errore. È certamente vero che coloro che, come me, si trovano nella fascia d’età che va dai 50 agli 80 anni e oltre, hanno molte meno probabilità di vedere la neutralità climatica nel 2050, ma non è vero che essi siano, per questo, disinteressati alle vicende globali sul clima. E non solo per motivazioni strettamente personali legate alla loro maggiore fragilità e al maggior impatto che hanno su di loro gli eventi che sono alla base dei mutamenti climatici (in primis, l’inquinamento atmosferico).

Teniamo conto che, secondo il Department of Economic and Social Affairs Population Division, delle Nazioni Unite, la popolazione mondiale sta invecchiando rapidamente. Il 10 per cento della popolazione mondiale ha più di 60 anni, rappresentando oltre 1 miliardo di persone, ed entro il 2050 questa percentuale raggiungerà la soglia del 20 per cento e, per la prima volta nella storia annotata, ci saranno più persone di età superiore ai 60 anni rispetto ai bambini di età inferiore ai 15 anni. Le persone ora non solo vivono più a lungo, ma stanno anche raggiungendo la vecchiaia in condizioni di salute e istruzione migliori che mai. Sono ormai un formidabile segmento della popolazione, e l’azione per il clima non può avere successo senza la loro partecipazione e coinvolgimento. L’ Università di Oxford, ha rilevato (People’s Climate Vote) che il 50 per cento delle persone con più di 60 anni ritiene il cambiamento climatico un’emergenza, rispetto a una “media di tutte le età” del 64 per cento.

Il coinvolgimento dei “diversamente giovani” ha molte spiegazioni: innanzitutto la maggior esperienza di vita e, qualche volta, di livello d’istruzione, che sono entrambi fattori utili per interpretare gli atteggiamenti verso il cambiamento climatico a livello globale e valutarne la loro efficacia. Poi sono soggetti non solo “politicamente attivi”, come lo sono buona parte degli anagraficamente giovani, ma sono attivi anche economicamente e finanziariamente più dei secondi. E, nell’ambito dei comportamenti individuali e collettivi, questi sono elementi che contano, eccome, nelle valutazioni di quei decisori a cui spetta programmare le scelte di mitigazione e adattamento. Non senza considerare che, in quanto segmento in crescita della popolazione, sono proprio loro a detenere una quota considerevole del reddito disponibile in tutti i paesi, oltre ai fondi di previdenza e ai sistemi pensionistici. Il potenziale riorientamento degli investimenti finanziari verso iniziative rispettose del clima è uno strumento potente, così come il cambiamento nei modelli di consumo che le persone non più giovani possono sostenere.

Ma occorre anche considerare che molti della mia generazione sentono sulle loro spalle il peso delle scelte sbagliate compiute (anche se non da tutti) nei decenni passati, la responsabilità per non aver saputo prevederne le conseguenze e per non aver agito prima. Un’intera generazione che sente imputare a tutti, anche alla maggioranza incolpevole, le tonnellate di CO2 che stanno riscaldando questo pianeta, quando sappiamo bene che la responsabilità è di un sistema economico e produttivo incardinato sull’accaparramento, il consumo e sullo sfruttamento di risorse e sull’accumulo di ricchezza.

Quella stessa generazione che oggi vuole utilizzare il proprio patrimonio di conoscenze, saperi e risorse per contribuire allo sforzo, comune, nel cambiare rotta e attivarsi per diminuire il divario tra le diverse età. Non sarà e non dovrà essere, come immaginato da Matt Ford, articolista americano di New Republic (rivista fondata nel 1914 dai principali leader del Movimento Progressista statunitense), che spiegava come l’attuale establishment stia trasformando la crisi climatica in una sorta di guerra intergenerazionale globale: “Il cambiamento climatico è il Vietnam delle nuove generazioni”.

Chi pensa che non vedremo mai un over55 in una manifestazione per il clima in piazza, evidentemente ignora che la manifestazione ambientalista, nel quadro delle proteste di Extinction Rebellion, a Londra il 9 ottobre 2019, ha visto presenti genitori, zii e finanche nonne con i nipotini (foto).

A Los Angeles, negli Stati Uniti, il 24 settembre 2021, cinque settimane prima del vertice della COP26, giovani e anziani si sono radunati davanti al municipio per chiedere un’azione urgente per evitare i disastrosi cambiamenti climatici nella loro più grande protesta dall’inizio della pandemia COVID-19. Il 22 aprile 2023, Giornata Mondiale della Terra 2023, a New York, centinaia di manifestanti dai capelli bianchi si sono accampati con sacchi a pelo, cappelli di lana e sedie a dondolo, davanti alle sedi di quattro grandi banche, JP Morgan Chase, Wells Fargo, Citibank e Bank of America, che, secondo il rapporto Rainforest Action Network, hanno investito più di mille miliardi di dollari in petrolio e gas tra il 2016 e il 2021. Quelle stesse banche dove gli attempati manifestanti hanno investito i risparmi di una vita che continuano ad essere usati per finanziare la fine del mondo, e loro erano lì a manifestare per chiedere di smetterla. A capeggiare la protesta Bill McKibben, scrittore, giornalista, ambientalista, che qualcuno ha definito come “il sessantenne più ottimista del mondo” e che ha fondato il movimento Third Act, l’equivalente ultra-maggiorenne di Fridays for Future. Anziani contro l’estinzione.

E, sempre nella primavera 2023,a Strasburgo, un collettivo di anziane signore svizzere, le KlimaSeniorinnen, ha fatto causa al proprio paese per la sua lentezza nell’affrontare l’immensa sfida che abbiamo davanti: rendere sostenibile e possibile la vita umana sulla Terra. Le anziane ambientaliste venute dalla Svizzera hanno chiesto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di decidere se il clima è anche una questione di diritti umani.

Appare quindi evidente la necessità di una sinergia intergenerazionale nella difesa dell’Ambiente, perché tutti, a qualunque età, siamo coinvolti in egual misura oggi e abbiamo eguali responsabilità per l’esistenza del pianeta e dell’umanità. Viviamo l’epoca in cui ci si deve preoccupare delle generazioni che erediteranno il mondo di domani, ma è anche l’epoca di chi con sacrifici, drammi, conquiste, diritti, invenzioni, ha costruito il mondo di oggi, spesso sbagliando e non rendendosi conto di essere strumento inconsapevole di un sistema sociale, politico ed economico che ha favorito pochi a discapito di molti. Ecco, anche tra i secondi ci sono coloro che vogliono riscattare il loro passato e costruire un futuro più sostenibile.

 “Il futuro è un’ipotesi ancora plausibile, persino bella, persino desiderabile, solo se inizia a uscire dalle fasce di età prestabilite, solo se ci liberiamo della scemenza che il futuro ti riguarda solo se hai vent’anni.” (Ferdinando Cotugno su Marie Claire).

Giuseppe d’Ippolito

 

 

 

English version
Neither Millenials nor Generation Z yet they defend the environment
I do not share the common view that it is the younger generations that are the most concerned about the Environment and Climate Change. If that were really the case, it would be a grave mistake. It is certainly true that those who, like me, are in the age group of 50 to 80 years and above are much less likely to see climate neutrality in 2050, but it is not true that they are, for that reason, disinterested in global climate events. And not only for strictly personal reasons related to their greater fragility and the greater impact that the events behind climate change (first and foremost, air pollution) have on them. Let us bear in mind that, according to the United Nations Department of Economic and Social Affairs Population Division, the world population is ageing rapidly. Ten per cent of the world’s population is over 60 years old, representing more than 1 billion people, and by 2050 this percentage will reach the 20 per cent threshold and, for the first time in recorded history, there will be more people over 60 than children under 15. People are now not only living longer, they are also reaching old age in better health and education than ever before. They are now a formidable segment of the population, and climate action cannot succeed without their participation and involvement. The University of Oxford, found (People’s Climate Vote) that 50 per cent of people over the age of 60 consider climate change an emergency, compared to an ‘all ages average’ of 64 per cent. The involvement of the ‘otherwise young’ has many explanations: first, their greater life experience and, sometimes, level of education, both of which are useful factors in interpreting attitudes towards climate change globally and assessing their effectiveness. Then they are not only ‘politically active’, as most young people are, but they are also economically and financially active more than the latter. And, in the sphere of individual and collective behaviour, these are elements that count, indeed, in the evaluations of those decision-makers whose task it is to plan mitigation and adaptation choices. Not without taking into account that, as a growing segment of the population, it is precisely they who hold a considerable share of disposable income in all countries, in addition to pension funds and pension systems. The potential redirection of financial investments towards climate-friendly initiatives is a powerful tool, as is the change in consumption patterns that older people can support. But we must also consider that many of my generation feel on their shoulders the weight of the wrong choices made (although not by everyone) in past decades, the responsibility for not having been able to foresee the consequences and for not having acted sooner. An entire generation that feels that everyone, even the blameless majority, is to blame for the tons of CO2 that are warming this planet, when we know full well that the responsibility lies with an economic and production system hinged on the hoarding, consumption and exploitation of resources and the accumulation of wealth. The same generation that today wants to use its wealth of knowledge, know-how and resources to contribute to the common effort to change course and take action to narrow the age gap. It will not and should not be, as imagined by Matt Ford, an American columnist for New Republic (a magazine founded in 1914 by the main leaders of the US Progressive Movement), who explained how the current establishment is turning the climate crisis into a kind of global intergenerational war: “Climate change is the Vietnam of the new generations.
Those who think that we will never see an over55 in a climate protest on the streets are evidently unaware that the environmentalist demonstration, as part of the Extinction Rebellion protests in London on 9 October 2019, was attended by parents, uncles and even grandmothers with grandchildren (photo). In Los Angeles, USA, on 24 September 2021, five weeks before the COP26 summit, young and old gathered in front of City Hall to demand urgent action to avert disastrous climate change in their largest protest since the start of the COVID-19 pandemic. On 22 April, World Earth Day 2023, in New York City, hundreds of white-haired protesters camped out with sleeping bags, woolly hats and rocking chairs in front of the headquarters of four major banks, JP Morgan Chase, Wells Fargo, Citibank and Bank of America, which, according to the Rainforest Action Network report, have invested more than $1 trillion in oil and gas between 2016 and 2021. Those same banks where the elderly protesters invested their life savings continue to be used to fund the end of the world, and they were there to protest and demand it stop. Leading the protest was Bill McKibben, writer, journalist, environmentalist, whom some have described as ‘the most optimistic 60-year-old in the world’ and who founded the Third Act movement, the overage equivalent of Fridays for Future. Seniors against extinction. And, also in the spring of 2023, in Strasbourg, a collective of elderly Swiss ladies, the KlimaSeniorinnen, have sued their country for its slowness in tackling the immense challenge we face: making human life on Earth sustainable and possible. The senior environmentalists from Switzerland have asked the European Court of Human Rights to decide whether climate is also a human rights issue.  The need for intergenerational synergy in the defence of the Environment is therefore evident, because everyone, at whatever age, is equally involved today and has equal responsibility for the existence of the planet and humanity. We live in the era in which we must worry about the generations that will inherit tomorrow’s world, but it is also the era of those who, with sacrifices, dramas, conquests, rights, and inventions, have built today’s world, often making mistakes and not realising that they are unwitting instruments of a social, political and economic system that has favoured the few to the detriment of the many. Here, even among the latter there are those who want to redeem their past and build a more sustainable future.“The future is still a plausible hypothesis, even a beautiful one, even a desirable one, only if we start to move out of the pre-established age brackets, only if we get rid of the nonsense that the future only concerns you if you are twenty.” (Ferdinando Cotugno in Marie Claire).
Giuseppe d’Ippolito