Ci ha lasciati, il 12 dicembre all’età di 81 anni, Massimo Scalia.
Il suo nome è legato, oltre che alle battaglie contro il nucleare,
a quelle per le fonti di energia rinnovabili, contro l’inquinamento
elettromagnetico, per la proibizione della produzione dell’amianto.
È stato il maestro di tutti noi
Riflettere sulle vite degli altri permette di capire il senso della nostra vita e così la morte accidentale di Massimo Scalia a 81 anni, uno dei padri dell’ambientalismo italiano, mi permette di fare questo. Anche per spiegare perché è così importante che se ne parli in un blog ambientalista e che lo si faccia dal punto di vista dei consumatori. Accennerò alla sua storia personale, importante anche se sconosciuta ai più, ma mi soffermerò su alcuni dettagli che ricordano storie e scelte di vita che portarono le avanguardie del movimento, dopo il Sessantotto, a pensare di costruire una società diversa.
Massimo Scalia, laureatosi nel 1969, ha insegnato fisica matematica al Dipartimento di Matematica de La Sapienza, Università di Roma; fu tra i fondatori della Lega per l’Ambiente (ora Legambiente), delle Liste Verdi e tra i promotori del referendum contro il nucleare realizzato nel 1987, dopo che era stato da pochi mesi eletto al parlamento dove fu capogruppo dei Verdi e primo presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Il suo nome è legato, oltre che alle battaglie contro il nucleare, a quelle per le fonti di energia rinnovabili, contro l’inquinamento elettromagnetico, per la proibizione della produzione dell’amianto.
E tra i dettagli della sua vita è importante rilevare che la formazione scientifica lo indusse a riflettere sul valore della scienza separata dai concetti di “crescita” o “sviluppo” e sul tentativo di arrivare, attraverso la conoscenza delle leggi fondamentali della natura, ad un’idea di società più giusta ed armoniosa. Questa corrente di pensiero è stata sempre invisa e vista con una certa diffidenza da quanti hanno ritenuto che fosse l’economia con i suoi bisogni a determinare l’essere sociale in modo fondamentale se non addirittura in toto: si tratta di un atteggiamento che, ritengo, sia stato determinante nelle successive vicende sociali e politiche, che hanno portato alla divisione delle forze ambientaliste da quelle sociali (imprese, sindacati, partiti) le quali spesso – anche ora – diffidano di esse. Il percorso di una scienza dal profondo senso sociale e autonoma dalle pressioni di potere andrebbe approfondito, per evitare in futuro paradossi ridicoli, come quelli che portarono nell’URSS a bandire lo studio della relatività durante il periodo stalinista o a ritenere negli USA di oggi legittimo il pensiero creazionista o terrapiattista.
Soprattutto serve riflettere sulla presa di coscienza e sulla scelta coerente di quanti, come lui, si opposero ai grandi padri ed al loro pensiero, ritenendo che niente fosse neutrale nel mondo, nemmeno le piccole scelte personali. Una generazione di scienziati come Massimo Scalia o Gianni Mattioli comprese che bisognava opporsi alla “neutralità” della scienza. La promozione dei referendum contro il nucleare (tre quesiti furono sottoposti al voto) fu fatta, per mezzo anche del Partito Radicale e della sinistra emersa dal ’68, dagli allievi di fisica e matematica destinati a diventare gli eredi dei “ragazzi di via Panisperna” che, invece di seguire il pensiero dominante, si contrapposero ad esso con argomenti scientifici e sociali. Qualcosa che in Italia non si era mai sviluppato in forme organizzative di critica sociale cosi determinate e che ebbe un impatto enorme anche al di là del nostro piccolo mondo. La forza dell’ambientalismo, realtà piccola e non riconosciuta come autonoma, riuscì a muovere la parte sensibile della società e della sinistra, ad unirla e a vincere il referendum sul nucleare in cui pochi credevano. Questo percorso è stato sottovalutato e sostanzialmente incompreso. Le forze di sinistra che interpretavano i bisogni sociali non hanno avuto la capacità di mettere in discussione il pensiero economicista che anche ora le guida, ritenendo che i fondamenti scientifici del sistema economico siano in grado di inglobare le istanze ambientaliste in funzione sociale. L’andamento delle COP, sino a quella attuale a Dubai, ha costantemente smentito quest’ipotesi, favorendo accordi che hanno rimandato ogni volta le scelte ai decenni successivi, per l’incapacità di rompere l’ideologia del potere dominante. Con un proverbio italiano si può dire che si è sempre deciso di “pagare i debiti a babbo morto”.
L’aspetto organizzativo è un elemento chiave per capire l’agire di Massimo Scalia e come una generazione abbia tentato di avviare la trasformazione della società. L’avere partecipato alla creazione di un nuovo partito e di una nuova organizzazione di massa che riempivano un vuoto culturale in cui l’ambiente era considerato l’ancella del progresso, sono episodi che ci dovrebbero far riflettere sulla forza delle idee e sulla convinzione necessaria a realizzarle. Che sarebbe successo se dopo la vittoria del referendum sul nucleare non ci fosse stato un partito (quello dei Verdi) disposto a raccoglierne organizzativamente i risultati? Probabilmente sarebbe successo la stessa cosa che accadde al referendum sull’acqua, allorquando, dopo la vittoria, nessun partito si identificò con le istanze che avevano portato all’idea dell’acqua come bene comune, come invece era avvenuto per il Partito Radicale dopo i referendum del divorzio e dell’aborto e per i Verdi dopo quello sul nucleare. Avere un’idea guida ed organizzarsi su di essa sarà un nodo da sciogliere per la prossima generazione.
Come l’ambiente riporti alla tutela del consumatore è un insegnamento che viene dalla vita parlamentare da lui condotta, perché le battaglie e la legislazione contro l’inquinamento elettromagnetico o per la bonifica dall’amianto o contro l’uso criminale dei rifiuti, sono la trasformazione delle lotte per un ideale ambientalista in lotte concrete per la tutela dei consumatori/cittadini, abbandonati da uno Stato sensibile ai desideri di profitto economico e non di tutela del cittadino.
Infine mi piace ricordare, come hanno fatto altri, gli aspetti personali, dall’ironia alla capacità di avere un percorso adeguato all’età, realizzando ciò che ciascuno può fare in un determinato momento. Così alle lotte dei movimenti sono seguite le battaglie per la tutela legislativa e, infine, la trasmissione del senso di sé alle generazioni successive, con un’attività di nonno a sostegno materiale e culturale di bambini che spesso, come diceva Massimo Scalia inquietandosi, non conoscono le tabelline e che, mi chiedo, come pensano poi di poter cambiare il mondo?
Gianfranco Laccone, agronomo, presidenza nazionale ACU Associazione Consumatori Utenti
Tutti i soci e i collaboratori di ClimateAid Network porgono le proprie condoglianze ai familiari di Massimo Scalia, indimenticabile maestro.