Il 27 marzo 2024 il quotidiano francese “Le Monde” pubblica un articolo di Stéphane Foucart con la notizia che l’ANSES, l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza alimentare, ambientale e sanitaria sul lavoro, aveva reso pubblico il 25 marzo 2024 un parere di esperti sulla genotossicità dei pesticidi a base di glifosato, vale a dire la loro capacità di alterare il DNA, possibile tappa della cancerogenesi. Il rapporto ritiene insufficienti i test utilizzati per valutare la tossicità delle formule commerciali dell’erbicida
Il glifosato è un erbicida molto controverso, il più utilizzato al mondo, e il suo utilizzo è stato ri-autorizzato nel 2023 per dieci anni nell’Unione Europea.
Il fatto strano che ha attirato l’attenzione di “Le Monde” è che il rapporto presentato dall’ANSES il 27 settembre 2016, con le conclusioni e le decisioni finali era poi scomparso senza essere respinto né avallato. Quindi era un rapporto che ufficialmente non esisteva e perciò è stato sepolto per 8 anni senza spiegazioni.
Avendo appreso dell’esistenza di questa perizia, Le Monde ne ha chiesto la comunicazione all’agenzia nell’ottobre 2021, ai sensi della legge sull’accesso ai documenti amministrativi, insieme a tutti i documenti relativi a questo lavoro. L’ l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza alimentare, ambientale e sanitaria sul lavoro ANSES ha rifiutato, in particolare perché il rapporto non era stato adottato formalmente: poiché non esisteva, non poteva essere comunicato. Le Monde ha quindi presentato istanza al tribunale amministrativo di Melun per ottenerlo. L’Agenzia ha aspettato il giorno prima dell’udienza, tenutasi martedì 26 marzo, per pubblicare le circa 70 pagine di questo “pre-report”.
L’Agenzia ha giustificato “l’insabbiamento” del documento sostenendo che la questione della valutazione della genotossicità dei prodotti a base di glifosato è stata affrontata e risolta a livello europeo.
Questa la cronologia dei fatti. Ma qual è il contenuto del rapporto insabbiato?
Ce lo riferisce un articolo di Cristina Fortunati sul sito web del SIVEMP (Sindacato Veterinari di Medicina pubblica) della Regione Veneto.
Per valutare in modo sicuro e affidabile la genotossicità delle formulazioni a base di glifosato, gli esperti hanno raccomandato di effettuare una serie di test, compresi due test in vitro e un cosiddetto “test a cometa”, che è sul vivo (animali vivi). Sulla base della letteratura scientifica, gli esperti ritengono che combinando il test a cometa su formulazioni a base di glifosato con i due test in vitro, il potenziale genotossico e mutageno dei prodotti potrebbe essere escluso se non vengono mostrati effetti.
Secondo la metodologia europea, sono richiesti solo 2 test in vitro. Il test a cometa in vivo, che è più rilevante poiché esamina il potenziale genotossico del glifosato a livello dell’intero organismo, non è mai stato effettuato. I test richiesti e effettuati non possono escludere il rischio di genotossicità da questi prodotti. Al contrario, l’opinione divergente di un esperto presentata in un’Appendice del documento ANSES afferma che “un insieme di risultati convincenti rappresenta un vero avvertimento di un effetto genotossico indotto da diverse formulazioni”.
Lo scorso novembre l’approvazione dell’UE al glifosato è stata rinnovata per 10 anni, senza che un test a cometa fosse stato eseguito né sulla sostanza attiva del glifosato né sulla formulazione rappresentativa. La non pubblicazione ha evidentemente consentito una valutazione meno esigente della genotossicità delle formulazioni a base dell’erbicida.
Le carenze nella valutazione della genotossicità del glifosato, compresi gli studi in vivo mancanti, sono argomenti importanti nella Grande Causa del Glifosato avviata da PAN Europe e cinque dei suoi membri a gennaio di quest’anno.
François Veillerette, portavoce di Générations Futures, Ong transalpina ambientalista, ha dichiarato che: “Générations Futures protesta contro la pubblicazione molto tardiva di questo documento, che ha permesso fino ad ora di effettuare in Europa una valutazione a basso costo della genotossicità dei prodotti a base di glifosato”.
E così mentre è notizia di questi giorni che il Governo federale USA ha introdotto per la prima volta un limite rigorosissimo (vicino allo zero) per i PFAS nelle acque potabili, note anche come “sostanze chimiche per sempre”, e lo fa grazie all’elaborazione scientifica dell’EPA (Agenzia USA per l’Ambiente), nei più importanti paesi europei le evidenze scientifiche (che non mancano) che suggeriscono soluzioni per prevenire migliaia di morti e ridurre la diffusione di decine di migliaia di malattie gravi, vengono taciute e nascoste per non contrastare i consolidati equilibri economico-finanziari e le corrispondenti rendite di posizione. Per non dire che, sempre negli USA, si programma un investimento di nove miliardi di dollari, attraverso la legge sulle infrastrutture, per aiutare le comunità con acqua potabile colpite da PFAS e altri contaminanti emergenti. E ulteriori 12 miliardi di dollari saranno disponibili, ancora attraverso la legge sulle infrastrutture, per i miglioramenti generali dell’acqua potabile, compreso l’affrontare i contaminanti emergenti. In Italia invece, l’uso del glifosato, che produce i medesimi effetti nocivi di contaminazione delle falde acquifere, viene ancora consentito con ridicoli limiti di legge nella concentrazione (0,1 μg/L). Un limite anacronistico e avulso dai criteri scientifici con cui sono stati calcolati i reali limiti di sicurezza tossicologica, molecola per molecola.
I primi a dover reagire a tale sottovalutazione dei rischi per la salute umana dovrebbero essere le organizzazioni scientifiche e gli enti di ricerca, continuamente mortificati nel loro lavoro. Ma se si formasse una coalizione che veda le prime unite alle associazioni dei cittadini, ai divulgatori ambientali, ad un’opinione pubblica consapevole, si potrebbe reclamare da quella vituperata Europa, cui è di moda chiedere di riesaminare tutti i provvedimenti green, anche di riesaminare con urgenza la proroga decennale appena concessa all’utilizzo glifosato, che certamente green non è, sospendendola almeno in attesa dei risultati di questi nuovi test.
Ma sulla bilancia della convenienza politica, sembra pesare di più il contrasto all’inesistente mercato dell’innocua carne coltivata piuttosto che quello ai dannosissimi erbicidi.
Emilio Senesi