La Reggia di Venaria, in Piemonte, ha ospitato dal 28 al 30 aprile scorsi il G7 su Ambiente e Clima. È stato un importante evento che ha coinvolto i rappresentanti dei sette paesi più industrializzati del mondo: Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti d’America. L’obiettivo principale del G7 era quello di discutere e individuare azioni coerenti per affrontare la crisi climatica, energetica e ambientale a livello globale, prestando attenzione anche alle aree e alle popolazioni più vulnerabili. Questo importante incontro ha rappresentato un’opportunità unica per porre al centro del dibattito internazionale temi come la chiusura delle centrali a carbone entro il 2030 o al massimo entro il 2035 e la promozione di soluzioni innovative e sostenibili per affrontare le sfide ambientali globali. È stato un momento cruciale per discutere e definire le direzioni future delle politiche ambientali a livello globale, con l’obiettivo di promuovere soluzioni sostenibili per affrontare le sfide del nostro pianeta.
Indipendentemente dal voler vedere i risultati del G7 Ambiente e Clima dalla parte del bicchiere mezzo pieno o da quella del mezzo vuoto, quello che ci ha sorpreso non poco è che il nostro ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, abbia apposto la propria firma in calce ad un documento (alcuni dicono addirittura che l’abbia proprio proposto lui) che in più punti delle dichiarate intenzioni delle sette potenze mondiali, smentisce clamorosamente le posizioni espresse dal governo italiano di cui pure il Pichetto Fratin fa parte.
Sul principale impegno di arrivare all’abbandono del carbone come combustibile entro il 2030, ha sicuramente avuto gioco facile, considerando lo scarsissimo uso che si fa di questo fossile in Italia.⁰ Semmai un merito particolare va ascritto a Giappone e Germania che, invece, ne fanno un utilizzo diffusissimo per produrre energia e probabilmente sono stati questi paesi a mitigare la scadenza temporale “… entro il 2030, al massimo 2035”. Comunque fissare una data precisa per la decarbonizzazione è sicuramente la parte del “mezzo pieno” del bicchiere, nel rispetto dell’Accordo di Parigi e un passo avanti nel confronto con le genericità delle conclusioni della Cop 28.
La vera novità per l’Italia è stata, invece, la forte spinta nel documento del G7 sulla mobilità elettrica e sull’abbandono dei motori endotermici. Temi su cui il nostro governo ha sempre tuonato contro, con argomenti prevalentemente inconsistenti, e la cui rappresentanza nel Parlamento europeo ha tentato fortemente di osteggiare. Letteralmente nel testo si legge: “l’elettrificazione è la tecnologia chiave per la decarbonizzazione del trasporto stradale”. I paesi si impegnano ad “accelerare il ricambio della flotta di veicoli e a promuovere la crescita delle infrastrutture pubbliche di ricarica dei veicoli elettrici, anche attraverso misure normative settoriali e sostegni finanziari pubblici, al fine di aumentare significativamente la capacità totale e l’estensione geografica delle infrastrutture di ricarica nei paesi del G7 entro il 2030”.
Poco spazio per l’e-fuel su cui spinge la Germania, con una parziale disponibilità europea, ma anche per il bio-fuel, al di là delle due righe di citazione su 35 pagine, su cui investe l’Italia nonostante la totale chiusura europea e, oggi, possiamo dire dello stesso G7. Lo stesso dicasi dell’utilizzo per la produzione d’energia, del gas naturale, concesso solo come mezzo emergenziale nell’eventualità di nuove crisi energetiche, con la dichiarazione di riduzione del 75% entro il 2030 dell’emissioni di gas metano dalle filiere dei combustibili fossili. Non siamo ancora alla dichiarazione di totale abbandono del gas, ma è praticamente un sonoro schiaffone in faccia alla presidente italiana del Consiglio che ha sempre dichiarato di voler trasformare l’Italia nell’hub europeo del gas naturale, investendo nella realizzazione di nuovi gasdotti, investimenti espressamente esclusi nel documento finale del meeting di Venaria.
Anche l’altra “bestia nera” del governo italiano, l’efficientamento delle abitazioni come stabilito dal Parlamento europeo, è stata invece rivalutata e rilanciata a Venaria dai sette paesi, Italia compresa. Nel documento del G7 si sottolinea l’importanza dell’efficientamento energetico affidandolo al ruolo pubblico.
E non preoccupa più di tanto il richiamo al ruolo della fusione nucleare, perché trattasi di un’affermazione destinata ad essere smentita dai tempi (irrealizzabile entro il 2030), dai costi (elevatissimi, rispetto ad altre fonti energetiche pulite), dalla mancata accettazione da parte dei territori (in Italia il problema dell’individuazione di un sito per lo stoccaggio delle scorie appare ancora di difficile soluzione, già per le centrali chiuse decenni fa).
Rinnovati, infine, l’impegno alla moltiplicazione delle rinnovabili (burocrazia italiana permettendo) con l’aumento di sei volte (rispetto al 2022) della capacità di stoccaggio e accumulo dell’energia prodotta, e al sostegno finanziario ai paesi più poveri (il famoso fondo di 100 miliardi di dollari) con il riconoscimento che per raggiungere gli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi, servono ancora molti soldi, molti di più.
A Pichetto Fratin va dato atto di aver dimostrato la volontà di non isolare l’Italia nel contrasto ai cambiamenti climatici, nonostante i diktat del suo governo e nonostante ci sia ancora tanto da fare. Speriamo che la posizione si confermi (e, magari, si dilati) quando, alla fine del mese, la palla passerà a Giancarlo Giorgetti che presiederà il G7 Finanze.
Eléne Martin