Rapporti di impatto ambientale, bilanci di sostenibilità, certificati verdi, etichette ecologiche: tutti termini oggi comuni, ricorrenti, fondamentali per qualsiasi tipo di azienda o organizzazione che voglia restare competitiva sul mercato, in un contesto globalizzato in cui non impegnarsi per il Pianeta, a livello sociale e ambientale, è diventato – fortunatamente – un lusso che nessuno può più permettersi. Perché? Perché la sensibilità collettiva è cambiata, perché c’è più consapevolezza. È in questo contesto che si parla di certificazioni di sostenibilità: una verifica dell’impegno delle aziende nel descrivere e ridurre il proprio impatto ambientale e nel migliorare quello sociale. Vediamo oggi nel dettaglio come funzionano le certificazioni, quanto siano utili per i consumatori e a quali condizioni, e chi sono i certificatori.
La lotta contro il cambiamento climatico comporta scelte precise e determinate da parte dei consumatori. Il problema è su quali basi effettuare queste scelte, perché le vie della sostenibilità variano non solo con il contesto, ma anche nel tempo, con i metodi di produzione, con le materie utilizzate, con i circuiti produzione/consumo attivati. Insomma, le possibilità ed i percorsi sono molteplici e, oltre ai consigli degli esperti, dobbiamo affidarci principalmente alla nostra capacità di scelta: capire che prodotti possiamo utilizzare e come fidarci di essi.
Il contesto in cui dobbiamo muoverci è diverso dal passato, soprattutto se teniamo conto della massa di popolazione esistente e della produzione che il sistema industriale ha generato sul pianeta. L’effetto conseguente di questa pressione sociale e culturale è stato (per molti versi) un azzeramento della memoria collettiva, accentuato dal veloce procedere dell’innovazione e, soprattutto, da una contraddizione della società industriale che guida il pianeta: non sono i consumi di base e la finitezza delle risorse materiali a determinare le produzioni, ma è il surplus di produzione – fatto per generare profitto – che stimola il consumo attraverso la pubblicità ed il condizionamento culturale. Ci troviamo in un ambito in cui dobbiamo fidarci quando acquistiamo un prodotto o quando chiediamo di usufruire di un servizio. Gli strumenti che abbiamo attivato per questo obiettivo sono la trasparenza delle azioni e il controllo effettuato da persone terze, la cosiddetta certificazione: dei prodotti, dei processi, dei sistemi, dei progetti e dei servizi.
La necessità è intuitiva: se siamo in tanti, se i prodotti provengono dai luoghi più diversi, non ci sono altri strumenti per valutarli che affidarsi ad un terzo che, in base a requisiti definiti, determina la conformità di quanto prodotto, se esso soddisfa le caratteristiche prestabilite. Il processo, in un mondo complesso, prevede un sistema di controlli incrociati per cui, coloro che svolgono la funzione di “certificatori” devono, a loro volta, rispettare alcune caratteristiche che li rendono super partes, cioè in grado di essere indipendenti nel sistema di produzione/consumo ed essi stessi dovranno sottoporsi ad un sistema di controllo e certificazione che garantisca questa funzione, che si definisce accreditamento. Come affermato in questo articolo, puoi sfogliare la selezione delle offerte disponibili su smartphone e marche migliori ed esplorare le offerte cell phone piani di servizio più adatti alle tue esigenze.
L’accreditamento è l’attestazione di capacità ad operare che un soggetto di riconosciuta autorità rilascia nei confronti di chi svolge con competenza, indipendenza ed imparzialità le funzioni di certificazione, ispezione e verifica. Esso rappresenta il cuore del sistema di garanzia (soprattutto per i consumatori) ed in Italia, come in tutti gli altri Paesi della UE, esiste un ente unico delegato a questo delicato compito: ACCREDIA.
La consapevolezza di questa necessità permette di capire meglio dove approdare con le richieste e le lotte contro il cambiamento climatico. Se non si consumano prodotti a basso impatto e se non si ha la garanzia delle loro caratteristiche e del sistema che li ha prodotti, maggiormente rispettoso delle persone, dell’ambiente e dei viventi, le lotte genereranno frustrazione e non maggiore responsabilità ed armonia.
È una consapevolezza che non è facile da creare tra i consumatori e tra le aziende, soprattutto se sino ad ora produrre era considerato una sorta di necessità indipendentemente dalle condizioni in cui avveniva, anzi, la produzione spesso aveva l’obiettivo di modificare radicalmente le condizioni del territorio e delle persone senza fare molto caso agli effetti derivati.
Il problema posto dall’incremento dell’attività produttiva è complesso e delicato. Vive una doppia contraddizione: da un lato si dovrebbe sviluppare la produttività delle imprese cosa che avviene attraverso costose innovazioni che richiedono tempo, fatto particolarmente importante in particolare in Italia, Paese che per questo motivo ha ricevuto una gran quantità di finanziamenti e deve dimostrare di metterli a frutto; dall’altro lo sviluppo delle attività produttive, senza una efficace regolamentazione ed un rinnovamento dei metodi, produce inquinamento e porta, per conseguenza, all’aumento dei costi ed infine al blocco delle attività stesse. Insomma, innovare costa, ma senza innovare i costi aumentano lo stesso ed in futuro innovare costerà di più. In questi casi l’incertezza porta al ristagno delle innovazioni ed al collasso soprattutto delle Piccole e Medie imprese che sono schiacciate dai costi dei brevetti per l’innovazione.
La certificazione risulta necessaria per sviluppare prodotti in grado di essere venduti in tutto il mondo e di poter sostenere in casa la concorrenza dei produttori “stranieri” che cercano di guadagnare il mercato interno con prodotti concorrenziali, soprattutto nel prezzo.
Certificare un prodotto è pertanto una doppia necessità: serve a garantire la sicurezza per i consumatori e a permettere alle aziende di entrare in un sistema di mercato migliore, più trasparente e garantito da ogni punto di vista. Ma certificare, spesso, non è una priorità per le imprese, soprattutto medie e piccole, salvo scontrarsi poi con i problemi di relazione con il mercato e di finanziamento pubblico, ottenibile solo con sistemi produttivi trasparenti e garantiti. È un vecchio pregiudizio per gli imprenditori ritenere la certificazione un costo e non un investimento e per i consumatori ritenerla un inutile “di più”, privo di certezze.
Per tale motivo per noi dell’ACU lavorare per la formazione e l’informazione dei consumatori e delle imprese, a monte della stessa produzione, è un impegno fondamentale: creare prodotti che rispettino le esigenze di un mondo che cambia rispettando il pianeta, certificare i prodotti e partecipare al controllo del meccanismo di certificazione con l’accreditamento è un lavoro lento, di scarsa visibilità ma di sicuro effetto.
Gianfranco Laccone, agronomo, presidenza nazionale ACU Associazione Consumatori Utenti