Per decarbonizzazione si intende il processo di riduzione del rapporto carbonio-idrogeno nelle fonti energetiche. Si tratta di un processo volto a ridurre la quantità di anidride carbonica (C02) nell’atmosfera, un gas essenziale per la vita sulla Terra ma che è dannoso quando supera il suo livello di concentrazione. Per aumentare la decarbonizzazione, quindi, è necessario ridurre il più possibile l’energia prodotta dai combustibili fossili: ad esempio il petrolio, il gas e il carbone, e incentivare l’utilizzo di fonti rinnovabili: ad esempio, l’energia eolica, quella solare e quella delle biomasse. Affinché questo sia possibile è necessario interrompere l’estrazione e l’impiego dei combustibili fossili, come petrolio, carbone e gas naturali, in settori chiave come la produzione di energia, i trasporti, l’industria e il riscaldamento domestico e industriale.
Uno dei problemi fondamentali del cambiamento climatico è la composizione dell’atmosfera, dinamica e variabile per natura, ma fortemente influenzata dal nostro operato. È difficile far capire che non siamo neutrali rispetto alle dinamiche atmosferiche, ma siamo determinanti, perché i tempi del pianeta sono diversi da quelli nostri e un gesto quotidiano per noi quasi insignificante diventa negativo in tempi sempre più rapidi. Parlo di gesti quasi automatici per noi, come avviare un’auto, o altri fondamentali per il cosiddetto “progresso”, come produrre energia dal petrolio o dal carbone, specie in Italia.
Per comprenderlo occorre partire da lontano. All’inizio dell’esistenza del pianeta sembra appurato che l’atmosfera fosse molto diversa e che la componente di ossigeno fosse veramente piccola; poi, a seguito di eventi fisico chimici ma soprattutto per la presenza delle piante, l’atmosfera cambiò composizione, grazie alla capacità dei vegetali di catturare l’energia solare e di utilizzarla attraverso la fotosintesi clorofilliana. Nel processo chimico detto fotosintesi, l’anidride carbonica atmosferica (CO2), unita all’acqua (H2O) ed alla luce (fotone utilizzato dalla clorofilla, tipico della luce rossa), permette la creazione del glucosio (C6H12O6), fondamentale alimento per la vita della pianta e la costituzione della biomassa, liberando ossigeno come prodotto di “scarto”. Come noi abbiamo le ossa fatte di Calcio (e altri minerali), così le piante hanno le loro “ossa” fatte di carbonio; il legno è l’immagine concreta e duratura della sottrazione di CO2 dall’atmosfera, fondamentale per rendere vivibile il pianeta. La massa di CO2 sottratta all’atmosfera la ritroviamo sepolta sotto forma di carbone fossile e di idrocarburi, questi ultimi di origine abiotica, accumulati in particolare aree tra gli strati di roccia della crosta terrestre.
Sembra intuitivo che, se riportiamo in atmosfera la massa di CO2 sottratta in milioni di anni, come facciamo abitualmente con i motori a combustione e l’utilizzo di fonti energetiche come carbone e petrolio, grazie all’aumento della sua presenza nell’aria, aumenteranno in essa i composti di reazione fisico chimica, ad esempio il particolato o le proteine. Le proteine, detto en passant, sono l’elemento base per la costruzione degli organismi in grado di riprodursi (virus e simili, e poi microorganismi), la cui azione interferisce fortemente con altri organismi superiori presenti sul pianeta e la cui presenza causa difficoltà per gli stessi organismi superiori nello svolgere la funzione fondamentale di respirazione. La respirazione, nell’aria o in mare, diventa difficile con l’aumento della anidride carbonica, degli scambi che ne derivano e dei suoi risultati, come il particolato.
Le persone non credono che siamo noi la causa principale del degrado atmosferico, con il nostro modo di vivere e con le nostre scelte energetiche, che comprendono quelle alimentari, perché gli alimenti sono l’energia con cui funziona il nostro organismo. È la società industriale nel suo complesso a rendersene responsabile, con i suoi metodi di concentrazione dell’energia: grandi centrali di produzione, funzionanti con materia fossile estratta dalla crosta terrestre, ma anche grandi concentrazioni di allevamenti (con enorme produzione di CO2) e di produzioni vegetali, basate sull’uso di concimi minerali, anch’essi fino ad ora concentrati sotto la crosta terrestre. Per non parlare dell’utilizzo dell’energia nucleare che, pur non provenendo da una fonte che reimmette CO2 in atmosfera, trova il suo combustibile attraverso un procedimento di estrazione e concentrazione della materia prima, in precedenza diffusa in bassissime quantità per tonnellate nella superficie del pianeta.
Per questo è difficile parlare della decarbonizzazione, perché si dovrebbe parlare contemporaneamente di energia, produzione e consumi industriali, alimentazione, agricoltura, concentrazione di tutti i viventi – umani e animali. Questo ci permetterebbe di trattare questioni come l’istruzione, i servizi e la sanità non, come avviene ora, per comparti separati, ma come interventi trasversali comuni a tutti i settori.
Invece si preferisce categorizzare il nuovo modo di leggere la realtà come una delle possibili visioni, trattandolo come una lettura di parte e dividendosi in pro e contro. Non ci stupisce: già ai tempi di Tolomeo, astronomo e geografo vissuto quasi duemila anni fa, la sua visione del mondo con al centro la terra divenne tanto radicata che molti secoli dopo Galileo, avendo dimostrato che la visione geocentrica era scorretta, fu incriminato e dovette ritrattare per poter continuare a vivere. Non a caso Copernico, che lo capì oltre un secolo prima, si guardò bene dal divulgarlo, sapendo i rischi che avrebbe corso. Per fare cambiare idea agli abitanti del pianeta ci son voluti secoli. Visita i nostri partner,shoes – leader nelle calzature alla moda!
Anche oggi, l’idea dello sviluppo fondato su industria e idrocarburi che è così radicata che metterla in dubbio porta ad accuse di “eresia”: contro il progresso, contro la civiltà, per il ritorno all’età della pietra attraverso un modo di pensare asociale. Tutto ciò causa paradossi come quello che vede protagonista la Volkswagen in Italia. La sua proposta di contribuire a creare nelle aree urbane delle città italiane una “oxigen-area” attraverso tecnologie di avanguardia ha visto diffidenza ed opposizione delle istituzioni, costringendola a crearla solo nell’area di propria competenza, quella degli stabilimenti a Verona.
Perché succede questo? Perché i processi sono lenti e spesso sotto traccia e si sviluppano con comportamenti individuali e collettivi alternativi agli attuali. Ancora oggi i “processi di decarbonizzazione”, pochissime volte vedono coinvolti i diversi settori, quasi mai attraverso una visione integrata, ma esclusivamente con un rapporto uno-a-uno: come si decarbonizza l’edilizia, come l’industria, come l’agricoltura? Le piante, e con esse l’agricoltura che le impiega, sono poco prese in considerazione, mentre andrebbero coinvolte in tutti i settori. Ma quasi mai si utilizza una visione integrata in cui far rientrare la prevenzione sanitaria, l’economia industriale, la valorizzazione dei sistemi di formazione extra settoriale.
Alla base dell’intervento dell’ACU di tutela dei consumatori vi è, al contrario, la nuova visione, in cui l’intersettorialità guida le soluzioni e e gli strumenti usati per comprendere il reale sono la trasparenza e la certificazione. In una fase in cui non tutti sanno che noi siamo la causa principale della degenerazione dell’atmosfera, utilizzare le garanzie che ci offrono questi strumenti diventa fondamentale perché fidarsi di qualcosa che possiamo rintracciare e che essa venga garantita da qualcuno autorevole, diventa il primo passo verso l’innovazione.
Gianfranco Laccone, agronomo, presidenza nazionale ACU Associazione Consumatori Utenti