Il nuovo Parlamento Europeo sta prendendo forma, e le prossime settimane saranno cruciali per definire i vertici e le dinamiche politiche all’interno dell’Europarlamento. I deputati si stanno organizzando in gruppi politici. Per costituire un gruppo, sono necessari almeno 23 deputati provenienti da sette paesi dell’UE. Alcuni deputati potrebbero anche rimanere “non iscritti” a un gruppo. Il 16 luglio inizia ufficialmente la decima legislatura con la prima plenaria a Strasburgo. Durante questa sessione, verrà eletto il presidente del Parlamento Europeo a maggioranza assoluta dei votanti. Se necessario, si terrà un ballottaggio tra i due candidati più votati al terzo scrutinio. Successivamente, verranno eletti i vicepresidenti e i questori. Inoltre, ci saranno manovre per formare o spostare delegazioni tra gruppi parlamentari. La conferma del presidente della Commissione Europea (già individuato) avverrà presumibilmente tra il 18 e il 19 luglio. Gli Stati membri dovranno trovare un accordo sul nome da proporre per guidare l’esecutivo europeo.

 

Le attenzioni di tutti coloro che hanno a cuore le sorti dell’Ambiente e del Clima (dovremmo quindi dire: di tutti i cittadini europei) sono rivolte ai nuovi assetti politici scaturiti dalle elezioni dell’8-9 giugno e, in particolare, sulle sorti dei provvedimenti legati al programma che più ha impegnato le strutture del parlamento UE negli ultimi anni: quello noto come Green Deal. Molti sono i dossier conclusi e quindi, salvo veri stravolgimenti, immodificabili. Alcuni ancora aperti e in discussione. E poi c’è il rebus dei recepimenti interni ai vari paesi per le numerose direttive.

Tra i temi aperti che formeranno oggetto del lavoro del nuovo europarlamento ci sono tutti quelli legati all’agricoltura e all’uso dei pesticidi; alla tutela della biodiversità e alla lotta all’inquinamento da sostanze chimiche; alla direttiva sui sistemi alimentari sostenibili all’interno della strategia Farm to Fork, alle norme sullo spreco alimentare e a quelle sul benessere animale. Con il pacchetto legislativo ‘Fit for 55%’ ultimato a ottobre 2023, l’Ue ha predisposto tutte le normative climatiche che i Paesi membri dovranno recepire, ma come verranno fatti questi recepimenti per raggiungere gli obiettivi al 2030?

Tutte le legislazioni del Fit for 55% hanno clausole di revisione, alcune al 2026, altre al 2027 e 2028, ma per ognuna sarà la Commissione a dover prendere l’iniziativa con una proposta legislativa. Significherebbe che serve una spinta sia dai Capi di Stato verso la Commissione, ma anche da parte degli stessi commissari”, ha dichiarato Francesca Bellisai, Eu policy advisor di Ecco, il think tank italiano per il clima.

Girandole, Energia, ElettricitàA preoccupare sono le posizioni di partiti di estrema destra che hanno riscosso maggior successo nelle urne. Ad esempio, il Rassemblement National di Marine Le Pen in Francia, che nel suo programma per il Paese prevede di “restituire alle famiglie i 5 miliardi di sussidi erogati in particolare ai parchi eolici”, di “bloccare i progetti di parchi eolici e smantellare gradualmente quelli esistenti”, di “rilanciare i settori nucleare e idroelettrico e investire nell’idrogeno”, di “uscire dal mercato europeo dell’elettricità per ripristinare prezzi decenti”. O come l’Fpo austriaco, che proclama di voler “fermare la distruzione sfrenata di economia, industria e competitività; pagamenti equi agli agricoltori austriaci e tutela dell’agricoltura locale; energia a prezzi accessibili per le famiglie e l’economia; fine definitiva del ‘Green deal’; revoca del divieto sui motori a combustione”. E contemporaneamente, in contrasto con gli altri partiti della destra più conservatrice, prende le distanze dall’energia nucleare e predilige le rinnovabili: “L’Ue sta promuovendo l’espansione dell’energia nucleare con il pretesto di ‘politica climatica’. I francesi si fregano le mani e vogliono costruire altre 14 centrali nucleari oltre alle 56 già esistenti. Siamo seduti su un barile di polvere nucleare”. Sostenendo di voler “smettere di promuovere l’energia nucleare come ‘energia pulita’, l’espansione delle energie rinnovabili, una politica ambientale sensata invece di una dittatura climatica dell’Ue”. O come, ancora, la posizione fortemente negazionista di AfD, Alternative fur Deutschland, simile, complessivamente, a quelle della Lega italiana: “Il dogma del cambiamento climatico provocato dall’uomo serve come pretesto all’Ue per intervenire in tutti gli ambiti della vita. I programmi dell’Ue come il ‘Green deal’ e ‘Fit for 55’ stanno avendo un impatto distruttivo sull’economia europea e soprattutto su quella tedesca, i combustibili fossili erano e sono la base della nostra prosperità. L’affermazione di una minaccia derivante dal cambiamento climatico provocato dall’uomo non si basa su prove scientifiche. Piuttosto, si tratta di un programma politico volto a tassare l’aria che respiriamo e quindi attuare trasformazioni sociali. È un progetto ecosocialista che porta inevitabilmente a una drammatica riduzione della prosperità e a una restrizione totalitaria della libertà”.

Pannello Solare, InstallazioneDall’altro lato, però, ci sono le forze liberali e socialiste e i verdi, che nei loro ultimi interventi, difendono il Green deal perché avviato nei settori industriali e produttivi europei. “Per noi è fondamentale l’approfondimento del Green deal e il rafforzamento della democrazia europea. E spero che se il Consiglio presenterà Ursula von der Leyen per il secondo mandato ciò sia al cuore di quanto vuole raggiungere. E abbiamo bisogno di vedere l’impegno per sostenerla”, ha dichiarato il co-presidente uscente dei Verdi, Philippe Lamberts. “Il Green deal del 2019 era un programma anche per l’economia e se consideriamo che Usa e Cina stanno spingendo sulla corsa mondiale nell’innovazione verde, credo che sarebbe un errore madornale da parte nostra abbandonare il Green deal: anche le nostre imprese vogliono prevedibilità e chiarezza per il futuro e, dunque, per noi è chiaro che in qualunque programma futuro deve rientrare il Green deal. Continuare il Green deal nel contesto di una strategia industriale è imprescindibile”, ha fatto eco il candidato Bas Eichkout. “Sta a noi, ora, dare ai cittadini un messaggio forte di speranza e questo messaggio forte riguarda l’Europa sociale e una Europa che ponga in essere una politica ambientale che prevenga le catastrofi che vediamo in Europa e nel mondo”, ha scandito il candidato socialista, Nicolas Schmit. E la presidente del gruppo di Renew Europe, Valerie Hayer, ha sottolineato: “Come presidente di Renew Europe ho a cuore le priorità del mondo liberale, centrista: l’Europa della difesa, un’Europa che sia più competitiva, lo stato di diritto il mantenimento delle ambizioni sul Patto verde che è stato la colonna vertebrale del nostro mandato”.

Quelle immediatamente più a rischio sembrano essere, quindi, le direttive sull’efficientamento delle case, sulle auto elettriche, sull’energie rinnovabili. Ma a loro difesa potrebbe schierarsi l’industria green che ha investito e sta investendo decine di miliardi in questi settori. Fa sapere il WWF: “È evidente che puntare sulla sostenibilità ambientale stimoli la nostra economia e rappresenti un importante fattore di crescita dell’occupazione. A livello europeo più di 5,1 milioni di persone lavorano nei posti di lavoro green e il loro numero cresce di anno in anno. Gli investimenti nell’energia pulita hanno contribuito a quasi un terzo della crescita del PIL dell’Unione europea nel 2023. È sconcertante ignorare questi dati e continuare a difendere gli interessi di quelle industrie che hanno contribuito al caos in cui ci troviamo oggi.”

E l’Italia che ruolo giocherà?
In conclusione, quanto e come cambierà il Green Deal nel prossimo futuro, “lo scopriremo solo vivendo” direbbe Battisti, ma è consigliabile non abbassare la guardia.

Hèléne Martin

 

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