Sulla Gazzetta Ufficiale n. 244 del 17 ottobre è stato pubblicato il decreto-legge 17 ottobre 2024, n. 153, conosciuto come Decreto Ambiente, fortemente voluto dal Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin per affrontare alcune delle sfide ambientali più urgenti dell’Italia, in linea con gli impegni assunti dal Paese a livello europeo e nazionale, in particolare attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). L’obiettivo principale dovrebbe essere quello di migliorare l’efficienza e la rapidità delle procedure amministrative per i progetti strategici in ambito ambientale, per rispondere a emergenze come il cambiamento climatico, il dissesto idrogeologico, la gestione delle risorse idriche e l’economia circolare. Le motivazioni del decreto sono inoltre legate alla necessità di supportare la transizione ecologica e di incentivare investimenti “verdi”, che richiedono interventi infrastrutturali e operativi in tempi ridotti. La semplificazione delle procedure per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e le Autorizzazioni Integrate Ambientali (AIA), ad esempio, sarebbe volta a garantire una maggiore rapidità nella realizzazione di progetti considerati di rilevanza strategica, come impianti per le energie rinnovabili e opere per la mitigazione del dissesto. Il Decreto Ambiente dovrebbe quindi rispondere, secondo gli intendimenti governativi, a una duplice esigenza: da un lato, favorire l’adeguamento dell’Italia alle normative europee e ai piani di sostenibilità; dall’altro, permettere la realizzazione di interventi necessari per la protezione dell’ambiente e delle risorse naturali in tempi brevi, riducendo la complessità burocratica. Queste le prime reazioni.
Il Decreto-Legge n. 153/2024, noto come Decreto Ambiente, è stato approvato con l’intento di velocizzare i processi amministrativi e favorire la sostenibilità, ma ha generato numerose perplessità e critiche da parte di esperti e associazioni ambientaliste. Tra i punti più controversi vi sono le semplificazioni procedurali nelle Valutazioni di Impatto Ambientale (VIA) e nelle Autorizzazioni Integrate Ambientali (AIA), la gestione delle risorse idriche, l’insufficiente impegno finanziario per combattere il dissesto idrogeologico e l’attenzione all’economia circolare, spesso giudicata insufficiente. Ma vediamo, in dettaglio, le critiche.
Uno dei punti più dibattuti riguarda la “corsia veloce” introdotta per i progetti strategici, che include limiti di tempo rigidi per le valutazioni ambientali. Se da un lato questa misura mira a sostenere il raggiungimento degli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), dall’altro è stata criticata per la possibile riduzione della qualità e del rigore delle valutazioni ambientali. Legambiente e altre associazioni ambientaliste temono che questa accelerazione possa portare all’approvazione di progetti con impatti ambientali negativi, rischiando di mettere in secondo piano la tutela dell’ambiente a favore di obiettivi di crescita economica immediata. Anche Greenpeace ha sollevato preoccupazioni su questo punto, sottolineando che, senza controlli adeguati e una valutazione approfondita, i danni a lungo termine potrebbero superare i benefici economici e sociali. La velocità delle autorizzazioni potrebbe compromettere la qualità degli studi, e quindi la reale sostenibilità dei progetti approvati. In diversi giudizi critici si sostiene che queste semplificazioni potrebbero addirittura generare conflitti con le normative europee sulla tutela ambientale, esponendo l’Italia a possibili sanzioni
Alcuni giornalisti e analisti politici hanno sollevato preoccupazioni sull’utilizzo della “corsia veloce” prevista dal Decreto Ambiente n. 153/2024 in relazione al progetto del ponte sullo Stretto di Messina. Secondo un articolo di Build News, esistono timori che le semplificazioni introdotte possano agevolare la realizzazione di grandi opere infrastrutturali, tra cui il ponte, poiché il decreto consente iter più rapidi per le autorizzazioni ambientali su progetti dichiarati di interesse strategico. Questo aspetto è interpretato come un potenziale segnale di apertura per procedere con il progetto, il quale ha già ottenuto attenzione dal governo e rientra nel novero delle grandi opere di interesse nazionale. Inoltre, analisti indipendenti e attivisti hanno espresso preoccupazioni simili su piattaforme come Greenreport e Rinnovabili.it, dove si teme che i progetti infrastrutturali possano avere priorità su quelli prettamente ambientali, andando contro la missione originale del decreto di accelerare progetti sostenibili e di transizione ecologica.
Un’altra area di critica riguarda le disposizioni per la gestione delle risorse idriche. Sebbene il decreto introduca regolamentazioni per un uso sostenibile dell’acqua, alcuni esperti ritengono che le misure adottate siano insufficienti per affrontare efficacemente l’emergenza idrica aggravata dai cambiamenti climatici. L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha evidenziato che l’Italia sta vivendo un aumento di grave scarsità d’acqua e che occorrono strategie più incisive, come investimenti a lungo termine per la conservazione delle risorse idriche e il recupero delle perdite negli acquedotti. Secondo questi esperti, senza un piano dettagliato di investimenti, le misure previste dal decreto rischiano di rimanere inefficaci nel risolvere il problema
Il decreto prevede anche fondi e misure per la prevenzione del dissesto idrogeologico, ma le risorse stanziate sono giudicate insufficienti. I critici sottolineano che l’Italia è tra i Paesi europei più esposti a fenomeni di dissesto, con eventi come frane e alluvioni sempre più frequenti. Secondo alcuni esperti, per prevenire realmente questi rischi è necessario uno stanziamento molto più ampio e costante nel tempo, e il decreto non sembra rispondere adeguatamente a questa necessità. Italia Nostra ha dichiarato che le misure introdotte rappresentano solo un “palliativo”, poiché il problema del dissesto idrogeologico necessita di investimenti di lunga durata e di una pianificazione territoriale più rigorosa, che tenga conto anche delle future implicazioni del cambiamento climatico. Alcuni critici sostengono che un approccio preventivo più strutturato e un maggiore coordinamento a livello nazionale sarebbero essenziali per affrontare il problema.
Sebbene il decreto includa disposizioni per l’economia circolare, molte associazioni ambientaliste, tra cui Zero Waste Italy, sostengono che manca un’azione incisiva per incentivare la riduzione dei rifiuti e la rigenerazione delle risorse. Le misure previste sono state ritenute poco ambiziose e concentrate su aspetti marginali, come le bonifiche e il riutilizzo limitato delle acque, senza affrontare il problema alla radice. Secondo i critici, il decreto avrebbe dovuto includere incentivi più forti per ridurre la produzione di rifiuti, ad esempio attraverso normative più stringenti sulla plastica e maggiori incentivi fiscali per le aziende che adottano pratiche di economia circolare
Il Decreto Ambiente n. 153/2024 nato con l’intento di rispondere alle sfide della sostenibilità ambientale, sta quindi sollevando critiche importanti. Le principali obiezioni – come si è visto – riguardano la potenziale riduzione della qualità delle valutazioni ambientali, la percepita insufficienza delle misure per gestire risorse idriche e dissesto idrogeologico, e un approccio giudicato troppo blando verso l’economia circolare. La conversione del decreto in legge rappresenterà quindi un momento fondamentale, in cui molte delle preoccupazioni espresse potranno essere affrontate o risolte attraverso emendamenti e proposte migliorative.
Staremo a vedere e vi riferiremo.
Hèléne Martin