Donald Trump, rieletto presidente degli Stati Uniti, ha annunciato un programma basato su obiettivi chiave del movimento Make America Great Again (MAGA), incentrato su sicurezza nazionale, economia, immigrazione, politica energetica e posizionamento geopolitico: rafforzamento dei confini, deportazioni di massa e contrasto ai cartelli della droga. Riduzione delle tasse per i lavoratori, rilancio della produzione interna e taglio delle tasse sulle imprese al 15%. Priorità ai combustibili fossili per garantire l’autosufficienza energetica. Focus sugli interessi nazionali, prevenzione di nuovi conflitti globali e sostegno a una difesa missilistica avanzata. Modernizzazione dell’esercito, lotta all’inflazione e revisione delle politiche educative, inclusa la possibile eliminazione del Dipartimento dell’Istruzione. Trump ha iniziato a definire i membri del suo gabinetto, con nomine che rispecchiano posizioni ideologiche conservative. Tra i nomi più rilevanti: John Ratcliffe: a capo della CIA, precedentemente direttore della National Intelligence; Keith Kellogg: consigliere speciale per la sicurezza nazionale e inviato per Russia e Ucraina. Steven Witkoff: inviato speciale per il Medio Oriente, noto imprenditore immobiliare. La sua amministrazione ha suscitato aspettative e preoccupazioni sia a livello nazionale che internazionale, soprattutto per l’impatto delle sue politiche sul cambiamento climatico e sulla cooperazione globale.

 

Da quando è avvenuta l’elezione di Trump i giornali si impegnano in un costante, quanto vacuo, toto-ministri del governo statunitense. Non è una vera e propria ricerca, né una scommessa, perché i ministri sono stati confermati dallo stesso Trump, di volta in volta, nelle sue pirotecniche dichiarazioni che si susseguono in questi giorni. Al tempo stesso, con la stessa velocità, alla conferma segue per alcuni la dimissione, a causa di alcune imprese che i giornali stessi hanno solertemente messo in evidenza. Ricordo che questi ministri in pectore, inizieranno il loro effettivo ciclo solo da gennaio, per cui il tutto somiglia al trailer di un film che dovrà essere lanciato tra un paio di mesi e che, in sostanza, aumenta l’aspettativa per la sua uscita.

CinemaTivu: Pirati dei Caraibi: Oltre i confini del mare, su Canale 5Invece di darci un’idea del reale programma di governo, a parte quello enunciato sempre per slogan da Trump durante la campagna elettorale che lascia poco spazio agli equivoci, questo elenco di “imprese” e le successive dichiarazioni dei protagonisti, richiamano alla memoria i compari di Jack Sparrow nella fortunata serie di film “Pirati dei Caraibi”. O forse, sempre per restare nella metafora cinematografica, ricordano più tragicamente le azioni del “Jolly”, il nemico di Batman, che nel tempo ha sostituito la versione grottesca, gigiona e perdente recitata da Jack Nicholson, con altre più “accattivanti”. I “cattivi” dello schermo, nel tempo, sono diventati non solo più accettabili, ma anche simpatici e l’accettazione di Trump fuori dai suoi confini è anche frutto di questi effetti.
Ma quello che unisce il programma (non dichiarato ufficialmente) e i ministri di questo prossimo governo degli USA è un’idea di fondo che riassumerei come “tecno-industriale di fine ciclo”. Perché la fine del ciclo è dichiarata dalla finitezza del pianeta e delle sue risorse con cui, volente o nolente, questo gruppo dovrà fare i conti, nella speranza di risollevare le sorti dell’impero. Nella concezione industrial-fordista, anche nella versione più accettabile all’epoca del new deal o in quella del boom economico, esiste la fine dei cicli e il loro rinnovamento; tutti i prodotti la subiscono ed il marketing è stato inventato per far fronte a questa realtà. Il mercato si “stanca” dei prodotti che spesso è indotto ad acquistare o utilizzare e rivitalizzarlo è d’obbligo.

Trump Tower New York: interni, cosa vedere, altezza, numero pianiPer evitare la fine del ciclo, i consumatori sono invitati a consumare altri prodotti nuovi solo di facciata, il cui compito e far riprendere il ciclo di produzione-vendita-consumo che ha fatto accumulare nel breve tempo di un paio di secoli immense ricchezze a pochi, facendo diventare “alienate” un sempre maggior numero di persone. Il mercato dell’auto è andato avanti così per cent’anni, con poche innovazioni sostanziali: l’efficienza di un motore a scoppio è rimasta (per ragioni fisiche) sempre tra il 30% e il 40%, – maggiore per il diesel, che è comunque più dannoso alla nostra salute e a quella del pianeta – mentre un motore elettrico ha un grado di efficienza tra il 90% e il 98%, cosa che ne migliora le condizioni generali di utilizzo, a prescindere dalla fonte primaria energetica.
L’esempio del mercato dell’auto è emblematico. La creazione delle auto “ibride” (con due motori: uno termico e l’altro elettrico), che sembrava la soluzione ideale per una dimensione ecologica dell’uso dell’auto, da un lato ha rallentato il consumo di risorse, ma ha unito agli svantaggi inalienabili del motore termico gli svantaggi di una manutenzione più complessa e del trasferimento ai consumatori delle decisioni relative alla efficienza ed alla convenienza dell’utilizzo del mezzo: peccato che non siano i consumatori a controllare il mercato. Oggi chi lo controlla (le case automobilistiche) ha deciso di rallentare la transizione ecologica e chi ha acquistato auto ibride si vedrà costretto ad un uso dell’auto orientato, con effetti complessivamente negativi per molte ragioni: scarsa incentivazione anche economica a cambiare propellente, mancanza di stazioni di ricarica, necessità di guida “a singhiozzo”, incapacità di programmare un sistema di utilizzo dell’auto diverso da quello ereditato e, in fondo, l’impossibilità ad avere una vita diversa, perché solo in un altro modo di vivere ha senso utilizzare un auto con motore elettrico.

Ho parlato dell’automobile, simbolo della società industriale in cui viviamo, perché molti dei ministeri chiave degli USA saranno nelle mani di miliardari legati al petrolio ed al mercato dell’auto, tutti uniti da un ego individuale enorme, funzionale al rilancio del mercato e del ruolo degli USA. La società industriale, fondata sulla competizione ad oltranza e sull’accumulazione e non sulla cooperazione e sulla redistribuzione, può funzionare grazie a due meccanismi: la creazione del mito legato al mercato e l’innalzamento dell’uomo al di sopra della Natura.
Trump incarna non un presidente eletto, ma un mito volto a svolgere una missione. A creare questo alone di mito tra i suoi connazionali ha contribuito l’utilizzo di alcuni elementi chiave: una storia fatta di vittorie e di sconfitte da cui è risorto, l’eterna giovinezza incarnata dal suo comportamento spesso infantile, alcune immagini eroiche, come il ferimento durante un comizio di questa campagna elettorale. Nessuno dei suoi avversari (interni al partito repubblicano o esterni) è stato in grado di competere con queste immagini e non a caso un altro personaggio che punta ad incarnare un mito vincente, come Elon Musk, ha preferito stare al suo fianco: chi potrà mai battere sul pianeta una squadra di supereroi volta a fare grande l’America e a sbarcare su Marte? Prevedo scintille tra l’attuale mito, diventato presidente, che incarna la rinascita degli USA e quello che si appresta a diventarne l’erede.
La biologia farà il suo corso anche per Trump e non so se i suoi eredi potranno avvalersi del mito creato attorno alla sua figura, o dovranno fare come è avvenuto in Italia: ricorrere al suo nome anche dopo la morte per mantenere alta l’attenzione verso sé stessi. I miti si avvalgono della capacità di creare dal nulla e l’uomo del mondo industriale, che ha distrutto il mondo magico e fatto del commercio la base della società, è in grado di riprodurre questa capacità “mitologica” in un solo in un ambito: la creazione di moneta. Una moneta può nascere dal nulla, e questo permette di sentirsi immortale come gli Dei. Non a caso lo strumento su cui punta la propaganda trumpiana sono i bitcoin: una moneta virtuale ed energivora, non garantita a nessun livello ed in continua navigazione turbolenta nei mercati, in cui si riversano i guadagni illeciti del pianeta senza timore di essere scoperti. Uno strumento che, assieme a quelli di guerra, aiuterà a distruggere le basi della convivenza, distruggendo la fiducia reciproca su cui si basano gli Stati e la finanza per le transazioni e per il credito.

La natura e il vivente in tutto questo sono fuori, appartengono ad un’area considerata da questa ideologia oscura e ostile, da dominare e mettere al nostro servizio. Questa idea della natura ostile e selvaggia regge l’impianto della società industriale, a partire dai suoi albori, da Cartesio e dal razionalismo che hanno posto l’uomo in cima alla piramide del vivente con a disposizione il resto di esso per realizzare il disegno divino. Purtroppo, non sono solo idee positiviste e mercantiliste, che ripongono nel progresso scientifico la fiducia per la soluzione dei mali del pianeta. La stessa ideologia di tanti “progressisti” vede nelle capacità umane di dominare la Natura la chiave per combattere le trasformazioni del pianeta. Questa idea porta a ritenere che esistano nella Natura gli elementi necessari per mantenere il pianeta in condizioni accettabili alla vita, ma che, senza il nostro intervento guida, essi sarebbero privi di direzione e di efficacia. Sempre per questo modo di vedere, la Natura va studiata e migliorata ed il nostro intervento sarà fondamentale per indirizzarla: a testimonianza vi è la storia dei prodotti OGM (organismi geneticamente modificati) nelle diverse versioni esistenti, il cui ruolo si affianca a quello dell’AI, l’intelligenza artificiale. Insomma, migliorare il mondo si può solo con il progresso tecnologico sotto l’egida del mercato.

Il partito democratico americano e con esso tutti i democratici occidentali, che hanno tentato la strada di migliorare la società senza modificare il suo impianto ideologico e culturale, si sono ritrovati ad utilizzare motivazioni razionali su tanti problemi (crisi climatica, Covid, effetti dell’inquinamento), dinanzi ad avversari che si opponevano avvalendosi di miti. Le strutture irrazionali di pensiero che si opponevano alla visione scientifica, erano state create dall’ideologia di mercato e venivano utilizzate su di essa per affermare il dominio ed il potere del mercato. È il paradosso della società industriale che ha creato il sistema più razionale e scientifico di analisi della natura, ma viene guidata e si cementa attorno a miti che rinnovano, in nome del mercato, l’irrazionalità delle visioni magiche del mondo.
Di questa contraddizione Trump è la massima espressione e si appresta a realizzare una trasformazione con conseguenze non solo interne al Paese di cui sarà presidente. Ma troverà uno scoglio superiore alla sua volontà, dato dalle condizioni climatiche e dalle reazioni combinate e non programmate che avrà la massa del vivente (uomini, animali, piante) sotto la spinta dei mutamenti del clima e delle guerre.
La “squadra vincente” alla guida degli USA punta a collocare l’uomo sul gradino più alto della piramide del vivente, creando anche tra gli uomini dei sottogruppi funzionali: sotto il maschio bianco, le donne, poi gli altri uomini. Un’esperienza pericolosa, già vissuta in passato e che, proprio per questo, segna un pesante arretramento nel pensiero occidentale.
Manca la capacità di ricollocare l’uomo assieme agli altri viventi nella Natura, accettandone la sua natura imperfetta e contradditoria, da cui derivano l’inquinamento e l’autodistruzione avviata attraverso le guerre altamente tecnologiche. Occorre fare una nuova rivoluzione copernicana, rivolta non al mutamento della posizione della terra nell’universo, ma a dare una dimensione diversa e meno centrale all’uomo sul pianeta e alla cultura occidentale tra quelle prodotte dalla specie umana.

Gianfranco Laccone, agronomo, presidenza nazionale ACU Associazione Consumatori Utenti

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