È stato approvato il rinvio di un anno per l’applicazione del Regolamento UE sulla deforestazione (EUDR), inizialmente previsto per il 2024. Il rinvio dell’applicazione del Regolamento è stato approvato dal Parlamento Europeo il 14 novembre 2024 con una votazione che ha visto 371 voti favorevoli, 240 contrari e 30 astensioni. La proposta di rinvio era stata avanzata in origine dall’Italia e successivamente accolta dalla Commissione Europea prima di essere votata dal Parlamento. Il rinvio è stato motivato da richieste di maggiore tempo per consentire un’attuazione più efficace, senza compromettere gli obiettivi ambientali (?!). Sono stati introdotti emendamenti, tra cui una nuova categoria per i “Paesi senza rischio” di deforestazione, con requisiti meno stringenti. Il nuovo calendario prevede che i grandi operatori e commercianti si adeguino entro il 30 dicembre 2025, mentre per le PMI la scadenza è fissata al 30 giugno 2026. Questa decisione ha sollevato critiche per il rischio di rallentare l’impatto della normativa nella lotta contro la deforestazione globale.

 

Il Regolamento UE sulla deforestazione (Regolamento 2023/1115), adottato nel maggio 2023, rappresenta uno degli strumenti più ambiziosi dell’Unione Europea per combattere la deforestazione globale e promuovere catene di approvvigionamento sostenibili. Si applica a diversi prodotti commercializzati nell’UE, come olio di palma, soia, legname, cacao, caffè e gomma, nonché a derivati come cioccolato, mobili e carta stampata.

Foresta di conifere che cresce su terreno vulcanicoTra gli obiettivi principali: si vieta l’immissione sul mercato dell’UE di prodotti associati alla deforestazione o al degrado forestale avvenuti dopo il 31 dicembre 2020. Gli operatori economici devono dimostrare che i loro prodotti non contribuiscono alla deforestazione attraverso un sistema di due diligence, che include il tracciamento dell’origine del prodotto. Sono previste misure per garantire la trasparenza lungo la filiera e rafforzare il monitoraggio delle importazioni.
Il regolamento si applica sia alle importazioni che alla produzione interna dell’UE. Include: prodotti specifici, cioè le materie prime come soia, olio di palma, cacao, caffè, gomma e derivati come carta, pelle e mobili e gli obblighi si applicano a tutti gli attori che immettono prodotti sul mercato dell’UE.
Ma, come deciso il 14 novembre 2024, l’attuazione è stata posticipata: per i grandi operatori la nuova scadenza è entro dicembre 2025. Per le PMI il termine è esteso al giugno 2026. I Paesi saranno classificati in tre categorie di rischio: basso, standard e alto. Tale categorizzazione determinerà il livello di controllo sui prodotti provenienti da queste aree.
Nonostante il rinvio, il regolamento continua ad essere considerato un passo cruciale nella lotta contro la deforestazione e il degrado ambientale. La sua implementazione sarà monitorata da vicino, con un’attenzione particolare all’efficacia delle misure e alla cooperazione con i Paesi produttori extra-UE.

Paesaggio di radici nel torrente seccoIl rinvio del Regolamento UE sulla deforestazione ha suscitato diverse critiche, principalmente da organizzazioni ambientaliste, eurodeputati progressisti e alcuni Stati membri.
L’Italia ha avuto un ruolo centrale nella proposta di rinvio del Regolamento UE sulla deforestazione, motivando questa posizione con l’esigenza di garantire un’attuazione più graduale per le imprese e di evitare contraccolpi economici e sociali. Il governo italiano ha sostenuto che molte piccole e medie imprese (PMI) non sarebbero state pronte a conformarsi ai requisiti iniziali del regolamento nei tempi previsti.
Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha dichiarato che il rinvio è necessario per evitare svantaggi competitivi alle aziende italiane e europee rispetto ai mercati globali che non applicano norme simili.
L’Italia ha ancora evidenziato che gli obblighi di due diligence, in assenza di una transizione più graduale, avrebbero potuto generare costi elevati per le imprese, specialmente per quelle attive in settori come il legno e l’agroalimentare
Ed è stata propria l’Italia a spingere per l’introduzione di una classificazione per i “Paesi senza rischio”, che implica controlli meno stringenti sui prodotti importati da queste aree. Questa proposta è stata accolta dalla Commissione Europea, ma ha sollevato critiche per il rischio di ridurre l’efficacia della normativa. Infatti, la posizione italiana è stata contestata da diversi Stati membri e ONG, che l’hanno definita un tentativo di protezionismo mascherato da preoccupazioni economiche. I critici sostengono che il rinvio non faccia altro che favorire pratiche commerciali non sostenibili a scapito dell’ambiente.

Mani spettrali di zombie su un albero

Molti ritengono che il rinvio diluisca l’impatto immediato della normativa, ritardando la riduzione della deforestazione legata alle catene di approvvigionamento. Le ONG come Greenpeace ed Extinction Rebellion hanno evidenziato che la crisi climatica richiede azioni rapide, e ogni ritardo può aggravare i danni irreversibili alla biodiversità e al clima. Alcuni operatori già conformi alle norme hanno lamentato che il rinvio avvantaggia le aziende meno virtuose, mantenendo condizioni di concorrenza sleali. La proroga potrebbe scoraggiare le aziende dal pianificare rapidamente investimenti in filiere sostenibili, rallentando la transizione verso un’economia più verde. La creazione di una categoria di “Paesi senza rischio” è stata contestata perché potrebbe facilitare l’elusione dei controlli da parte di operatori che sfruttano lacune normative. Alcuni esperti temono che la classificazione non tenga adeguatamente conto delle complesse dinamiche di deforestazione nei Paesi produttori. L’Unione Europea è stata finora leader mondiale nella lotta contro la deforestazione. Questo rinvio potrebbe danneggiare la sua credibilità internazionale e indebolire il suo ruolo guida nei negoziati climatici e ambientali globali. C’è da temere, concretamente, che il rinvio invii un messaggio di debolezza nella leadership europea sulla sostenibilità.
Certamente il rinvio verrà percepito come un segnale che gli interessi economici di alcuni Stati membri prevalgano sugli impegni climatici globali.

Hèléne Martin