Il Mercosur, acronimo di Mercado Común del Sur, è un’organizzazione economica e politica regionale che promuove l’integrazione economica tra i Paesi dell’America del Sud. È uno dei principali blocchi economici al mondo e ha come obiettivo la creazione di un mercato comune tra i suoi Stati membri. Il Mercosur è stato istituito ufficialmente il 26 marzo 1991 con la firma del Trattato di Asunción. I quattro Paesi firmatari sono: Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay. Diversi altri Paesi sudamericani hanno lo status di associati, come: Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù e Suriname. Il partenariato Mercosur-UE è uno dei negoziati commerciali più complessi e discussi al mondo. L’accordo politico è stato raggiunto il 6 dicembre scorso e include un trattato di libero scambio, mirando a creare una delle più grandi aree di libero scambio a livello globale, coinvolgendo circa 780 milioni di persone, collegando i 27 Paesi dell’Unione Europea con i 4 Stati membri del Mercosur. L’accordo prevede che l’UE eliminerebbe gradualmente i dazi su oltre il 90% delle importazioni dal Mercosur, mentre il Mercosur farebbe lo stesso per circa 91% dei prodotti europei. L’accordo favorirebbe in particolare il settore agricolo del Mercosur e i beni industriali dell’UE consentirebbe l’accesso limitato a prodotti agricoli come carne bovina, zucchero e pollame dal Mercosur. Questo è stato un punto controverso, con agricoltori europei preoccupati per la concorrenza e per standard ambientali e sanitari differenti. Il testo include impegni per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima, ma molti critici ritengono che manchino strumenti concreti per garantire il rispetto di tali impegni, in particolare da parte dei Paesi del Mercosur. L’accordo aprirebbe si rifletterebbe anche su settori come telecomunicazioni, trasporti e servizi finanziari. Ma gli ambientalisti sostengono che l’accordo potrebbe incentivare la deforestazione dell’Amazzonia, aumentando le emissioni di gas serra e che mancano meccanismi chiari per monitorare e penalizzare le violazioni ambientali. Invece gli agricoltori europei temono di essere messi in difficoltà dalla concorrenza di prodotti sudamericani meno costosi e spesso prodotti con standard diversi. Nei Paesi del Mercosur, ci sono preoccupazioni sull’accesso diseguale ai mercati europei per beni a basso valore aggiunto.
In questi giorni i governi dei Paesi della UE sono in profonda crisi e devono trovare un sistema per superare la fase recessiva che incombe, sebbene essa sia mascherata dagli artifizi tecnici che riducono l’inflazione e dal tentativo di rilanciare gli investimenti riducendo i tassi d’interesse. Ma senza riavviare in modo deciso il sistema dei consumi e del commercio, non si vedono grandi vie d’uscita. Possiamo aggiungere che l’élite europea sembra priva di coraggio e creatività, ancorata al mercato dell’auto con motori a energia fossile, perno del sistema industriale, e ad un meccanismo di integrazione tra settori economici che marginalizza i servizi e li trasforma da sostegno agli investimenti in oggetto di profitto commerciale, come nel caso della sanità o dell’energia.
La discussione sull’accordo tra UE e Mercosur per la creazione di una enorme zona di libero scambio si inserisce in questo quadro e ne condiziona gli sviluppi; lasciano il tempo che trovano le immagini folkloristiche della festa che vede i responsabili del governo argentino e italiano duettare d’amore e d’accordo, come anche le minacce di rivolta del settore agricolo. Vi è per tutti una necessità di accordo, pena la marginalizzazione delle economie interessate, ma resta il punto interrogativo sul futuro orientamento dell’accordo stesso: servirà a migliorare le condizioni di vita dei diversi Paesi? Aiuterà a tutelare l’ambiente? Permetterà il rinnovo del patto sociale che è fallito sulle due sponde dell’Atlantico e senza il cui rinnovo non esisterà futuro per le nostre società?
Le premesse non sono ottimistiche, ma non bisogna mai perdere la fiducia di trovare la luce in fondo al tunnel. Le nostre società hanno avuto la forza di ribellarsi alle dittature e hanno i germi per impedire che gli accordi tra Paesi si rivelino degli strumenti di ulteriore sofferenza per le popolazioni e per tutto il vivente. Occorre analizzare, capire e proporre nuove strade per far nascere questi germi. La stessa storia della nascita del Mercosur e del percorso della UE ci mostrano gli errori e le strade da evitare per realizzare un compromesso che, ritengo, abbia delle potenzialità e che, comunque, si farà.
L’accordo UE-Mercosur è un negoziato di libero scambio che mira a rimuovere le barriere commerciali tra le due regioni. Dopo 25 anni di negoziato, questo accordo fornirebbe una piattaforma comune per integrare le economie dei 27 paesi dell’UE con Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay.
Ma cos’è il Mercosur? Potremmo dire che esso è una creazione dell’epoca delle “magnifiche sorti e progressive” del libero mercato internazionale. Nato nel 1991 dall’accordo tra quattro Paesi dell’America latina è il tentativo di costruire in quella parte del pianeta un mercato comune a somiglianza del MEC costruito in Europa oltre trent’anni prima. Le differenze sostanziali tra questi due tipi di accordo, anche al momento della loro creazione, sono state molte, a partire dalle prospettive economiche dei Paesi componenti (che in Europa erano simili, nei componenti del MEC) e dal peso che ciascuno di essi ha (in Europa i Paesi del MEC erano molto più equilibrati tra loro). Se in questo tempo il Brasile ha perseguito una strada di miglioramento della realtà economica interna (con alti e bassi!), non si può dire lo stesso dell’Argentina; il peso economico del Brasile nel Mercosur è del 70%, che è molto di più del motore tedesco nella UE, rispetto all’Argentina che è il 20% e agli altri che rappresentano percentuali minime.
Per comprendere un accordo piuttosto azzardato come quello che si realizzò allora, è necessario chiarire lo spirito del tempo e le condizioni geopolitiche dei primi anni Novanta. Si era nel momento di caduta dei sistemi socialisti dell’est-Europa e della loro ricostruzione economica sotto la spinta dei finanziamenti comunitari e del sistema economico di mercato mondiale. Contemporaneamente la stessa UE, in procinto di crescere sotto la spinta della nuova Germania unificata, era sottoposta nel campo internazionale a forti pressioni, affinché ponesse fine al sistema dei dazi protettivi che le avevano permesso la crescita dei consumi interni e lo sviluppo del sistema agricolo europeo e della sua agroindustria.
Tutto ciò avveniva poiché si andavano negoziando gli accordi internazionali sul sistema tariffario (che avrebbero portato alla firma del GATT e poi alla creazione del WTO, organismo di controllo del sistema generale; per consentire una più fluida circolazione commerciale nel mondo e la UE (allora neo-costituta in luogo del MEC) ne era diventato il perno. La UE era il nucleo solvibile del pianeta, con un benessere (relativo) diffuso, passata da importatrice netta nel secondo dopoguerra a esportatrice di beni, anche alimentari – questi ultimi, principale fonte di commercio per i Paesi detti “in via di sviluppo”. L’accusa rivolta alla Unione Europea riguardava principalmente la Politica Agricola Comune (PAC), allora sostenuta attraverso un sistema di prezzi comuni più elevati di quelli del resto del mondo (legati al maggiore costo di produzione nei Paesi europei del gruppo), corrisposti agli agricoltori in funzione delle quantità prodotte. Per impedire la concorrenza delle importazioni a prezzo molto più basso, era stato elevato un sistema di barriere doganali in cui il dazio portava le importazioni al livello dei prezzi comunitari. A questa protezione era stato aggiunto un sistema di sostegno alle esportazioni che, simmetricamente, finanziava il prodotto esportato per consentire che fosse venduto al prezzo dei mercati internazionali. Era una sorta di sistema di chiuse che, a seconda se i prodotti fossero in entrata o in uscita, immetterebbe o sottrarrebbe una quantità di moneta per garantire il flusso commerciale. L’impasse si risolse trasformando la PAC, dalla politica dei prezzi alla politica del sostegno dato agli agricoltori per unità di superficie, con la cosiddetta “riforma Mac Sharry”. Questa premessa è necessaria per capire perché oggi gli agricoltori europei, si sentano colpiti e si oppongano ad un accordo commerciale con il Mercosur.
In trent’anni sono cambiate molte cose (governi e conflitti) e ne sono accadute altre non previste (cambiamenti climatici e pandemie tra umani e animali) e le premesse per un sistema di commercio internazionale che permettesse a tutti di guadagnare sono sfumate miseramente. Oggi il multilateralismo viene visto come una perdita di tempo, le grandi istituzioni internazionali ricevono meno finanziamenti e i Paesi tendono a riprendere il sistema di protezione, rafforzandolo con accordi bilaterali. Chi conosce la geopolitica, potrebbe dire che vi sono tutte le premesse per sviluppare una guerra mondiale, passando ai fatti in luogo della guerra commerciale.
In questo senso l’accordo UE/Mercosur potrebbe essere visto come un elemento di rottura di questa tendenza e di ripresa di relazioni multilaterali, ma molto dipenderà da come interverranno gli attori di questo accordo.
Certo, la tutela dell’ambiente non risulta prioritaria, la protezione delle agricolture nazionali europee diventa minima e il timore che noi ritroviamo sui nostri mercati prodotti alimentari meno controllati e con, ad esempio, antibiotici o antiparassitari vietati, è reale. Ma mi chiedo e vi chiedo: si trattano meglio queste singole questioni in un quadro di accordi e compensazioni tra Paesi amici o si pensa sia preferibile chiudere e avviare guerre commerciali? La realtà è che se nella UE sono state abbassate le tutele economiche ed ambientali, non sarà il rifiuto dell’accordo con il Mercosur a restituircele, ma solo una seria politica agricola e sociale.
Gianfranco Laccone, agronomo, presidenza nazionale ACU Associazione Consumatori Utenti