Il 17 dicembre 2024, il Gruppo di Coordinamento Nazionale per la Bioeconomia ha approvato il Piano di Implementazione 2025-2027 della Strategia Italiana per la Bioeconomia (BIT II). Questo piano mira a incrementare del 15% il fatturato annuo e l’occupazione nel settore della bioeconomia entro il 2030, portando il fatturato da 437,5 miliardi di euro del 2023 a 503,1 miliardi, e l’occupazione da 2 milioni a 2,3 milioni di posti di lavoro. Le azioni previste includono: 1) iniziative e investimenti per sostenere e interconnettere tutti i settori della bioeconomia sostenibile e circolare sul territorio nazionale, sfruttando appieno il potenziale delle aree rurali, collinari, montane e costiere. 2) Promozione di un quadro legislativo chiaro, stabile e armonizzato, in grado di stimolare il mercato di alimenti e bevande, prodotti chimici, materiali, plastiche e carburanti biobased ottenuti da materie prime biologiche. 3) Implementazione di approcci circolari e rigenerativi volti a proteggere e ripristinare gli ecosistemi danneggiati e le perdite di biodiversità, valorizzando le aree marginali e le aree industriali chimiche dismesse, in linea con le nuove normative sul ripristino ambientale dell’Unione Europea. 4) Promozione dell’integrazione dei settori della bioeconomia a livello verticale (filiera) e orizzontale (territorio), coinvolgendo produttori primari, cittadini e amministrazioni pubbliche, e migliorando competenze, formazione e imprenditorialità. Il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha dichiarato che la bioeconomia rappresenta una delle leve più innovative per raggiungere gli obiettivi di crescita sostenibile, sottolineando la leadership italiana in settori come i carburanti sostenibili, le rinnovabili, l’economia circolare e la rigenerazione ambientale.
Negli ultimi decenni, il concetto di bioeconomia ha acquisito una crescente rilevanza a livello globale, diventando un pilastro strategico per promuovere un’economia sostenibile, resiliente e innovativa. In Italia, l’approvazione del Piano di Implementazione 2025-2027 della Strategia Nazionale per la Bioeconomia (BIT II) rappresenta un passo cruciale verso l’integrazione di principi di sostenibilità e innovazione nei processi economici e produttivi del paese.
La Bioeconomia: definizione e importanza
La bioeconomia si basa sull’uso sostenibile delle risorse biologiche rinnovabili, come piante, animali e microrganismi, per produrre alimenti, materiali, energia e altri beni. Questo approccio mira a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, mitigare i cambiamenti climatici e promuovere uno sviluppo economico inclusivo e sostenibile. Secondo i dati della Commissione Europea, la bioeconomia europea genera un valore di oltre 2,3 trilioni di euro e impiega circa 18 milioni di persone. In Italia, questo settore gioca un ruolo strategico, con un valore stimato di circa 345 miliardi di euro e oltre 2 milioni di posti di lavoro, distribuiti tra agricoltura, silvicoltura, pesca, industria alimentare e bioindustria.
Il Piano di Implementazione 2025-2027 della Strategia BIT II
Il Piano di Implementazione 2025-2027 rappresenta un aggiornamento della Strategia Italiana per la Bioeconomia, originariamente adottata nel 2017 e rivista nel 2019. Questo piano mira a tradurre gli obiettivi strategici della BIT II in azioni concrete, promuovendo l’adozione di tecnologie innovative, la valorizzazione delle risorse territoriali e la creazione di nuovi modelli di business sostenibili.
Obiettivi principali del piano
1. Sostenibilità ambientale: ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi attraverso l’uso efficiente delle risorse e l’adozione di pratiche circolari.
2. Innovazione tecnologica: promuovere la ricerca e lo sviluppo di biotecnologie avanzate, favorendo la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
3. Competitività economica: supportare le imprese, in particolare le PMI, nell’adozione di soluzioni bioeconomiche innovative per rafforzare la loro competitività sui mercati internazionali.
4. Inclusione sociale: creare opportunità di lavoro e sviluppo economico nelle aree rurali e marginali, contribuendo a ridurre le disuguaglianze territoriali.
Le azioni chiave
Il piano prevede una serie di interventi specifici, tra cui:
– Promozione della bioenergia: sostenere la produzione di energia da biomassa e biogas, favorendo la transizione verso fonti energetiche rinnovabili.
– Valorizzazione dei rifiuti organici: incrementare il riciclo e la valorizzazione dei rifiuti organici attraverso tecnologie innovative come il compostaggio avanzato e la digestione anaerobica.
– Sviluppo delle bioraffinerie: potenziare le infrastrutture per la produzione di bioprodotti ad alto valore aggiunto, come bioplastiche e biochemicals.
– Educazione e formazione: investire nella formazione di professionisti e nella sensibilizzazione della popolazione sui benefici della bioeconomia.
Sinergie con la Nature Restoration Law e altre strategie europee
Il Piano di Implementazione 2025-2027 si colloca in un contesto europeo caratterizzato da iniziative ambiziose come il Green Deal Europeo e la Nature Restoration Law. Quest’ultima, approvata recentemente, stabilisce obiettivi vincolanti per il ripristino degli ecosistemi degradati, evidenziando l’importanza della bioeconomia come strumento per raggiungere tali obiettivi.
La sinergia tra il piano italiano e le strategie europee è evidente in diversi ambiti, a partire dalla conservazione della biodiversità per promuovere pratiche agricole sostenibili che preservino gli habitat naturali. Ma si parla anche di riduzione delle emissioni integrando soluzioni bioeconomiche nei piani nazionali di riduzione delle emissioni di gas serra. E quindi anche di economia circolare per favorire l’adozione di modelli circolari nei settori industriali e agricoli.
Nonostante le ambizioni del Piano di Implementazione, diverse critiche sono state sollevate da esperti e organizzazioni ambientaliste, accademici e alcune realtà politiche. In particolare, tra le principali aree di critica che sono emerse alcune sostengono che il piano metta eccessivamente l’accento sull’aspetto economico della bioeconomia, trascurando gli impatti ambientali e sociali. La priorità data allo sviluppo economico basato sulle risorse biologiche potrebbe incentivare pratiche non sostenibili o industriali che minano la biodiversità. La bioeconomia potrebbe diventare un nuovo “greenwashing“, dove le aziende mascherano pratiche tradizionali con un linguaggio sostenibile senza reali cambiamenti.
Alcune organizzazioni ambientaliste sostengono invece che il piano non sia sufficientemente ambizioso per allinearsi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi e alle indicazioni della Nature Restoration Law. L’insufficiente impegno per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra nei settori della bioenergia e della chimica verde, che potrebbero continuare a dipendere da fonti non completamente sostenibili. Gli ambientalisti temono che la spinta verso la valorizzazione economica delle risorse biologiche (come la gestione intensiva delle foreste) possa entrare in conflitto con la necessità di preservare gli ecosistemi, minacciando specie e habitat protetti.
L’uso intensivo delle biomasse per bioenergia è stato criticato come una pratica che potrebbe ridurre la biodiversità e degradare il suolo. Nello specifico, organizzazioni come Greenpeace e Legambiente hanno evidenziato che il piano manca di un approccio rigoroso alla riduzione del consumo di risorse e alla decarbonizzazione. Si concentra più sull’espansione economica che sulla tutela del capitale naturale, il che potrebbe contrastare con i principi della sostenibilità. Si lamenta anche l’assenza di indicatori misurabili e trasparenti per valutare l’efficacia delle azioni previste nel piano. Questo rende difficile monitorare i progressi e assicurarsi che le iniziative abbiano un reale impatto positivo. Indicatori vaghi per il miglioramento delle condizioni del suolo o delle risorse idriche, senza dettagli sul come questi verranno monitorati e raggiunti. Altri commentatori evidenziano invece che il piano non ha sufficientemente coinvolto le comunità locali, incluse le aree rurali e montane, che sono spesso direttamente interessate dalle iniziative di bioeconomia. Questo potrebbe portare a conflitti sociali, specialmente in regioni dove l’uso intensivo delle risorse biologiche potrebbe compromettere le economie locali tradizionali. Ed infine è stato osservato che il BIT II non è perfettamente integrato con altri piani strategici nazionali, come il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) o il Piano Nazionale della Nature Restoration Law. Questa mancanza di coordinamento potrebbe portare a inefficienze o a sovrapposizioni tra programmi.
Guardando al futuro, il successo del Piano di Implementazione dipenderà dalla capacità di ascoltare le critiche, e vederle come un’occasione per un suo rafforzamento, ad esempio, con l’integrazione di indicatori di sostenibilità più rigorosi e trasparenti, rafforzando il coinvolgimento delle comunità e delle parti interessate e assicurando che il piano sia pienamente coerente con le normative europee e gli obiettivi climatici globali. Un approccio più bilanciato tra sviluppo economico e conservazione ambientale potrebbe aiutare il BIT II a ottenere una maggiore accettazione e credibilità.
Sarà fondamentale, per affrontare queste sfide e di cogliere le opportunità offerte dalla transizione verso un modello economico più sostenibile, consolidare le collaborazioni: promuovere partenariati tra istituzioni, imprese, università e organizzazioni non governative. Monitorare i progressi: implementare sistemi di monitoraggio per valutare l’efficacia delle azioni intraprese. Comunicare i benefici: sensibilizzare il pubblico sui vantaggi della bioeconomia per creare consenso e supporto alle politiche adottate.
In conclusione, il Piano di Implementazione 2025-2027 della Strategia Italiana per la Bioeconomia rappresenta un’importante opportunità per guidare l’Italia verso un futuro più sostenibile e resiliente. Integrando innovazione, sostenibilità e inclusione sociale, il piano ha il potenziale per trasformare profondamente il sistema economico del paese, contribuendo al contempo agli obiettivi globali di sviluppo sostenibile delineati nell’Agenda 2030.
Giuseppe d’Ippolito