Recentemente, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha proposto un piano per trasformare la Striscia di Gaza in un resort di lusso, denominato “Trump Gaza”. Questa proposta è stata presentata durante una conferenza stampa il 4 febbraio 2025, in cui Trump ha dichiarato l’intenzione degli Stati Uniti di “prendere il controllo” della Striscia di Gaza, livellare l’area e ricostruirla per offrire “un numero illimitato di posti di lavoro e alloggi per le persone della zona”. Ha inoltre suggerito che la popolazione palestinese attualmente residente a Gaza sarebbe stata trasferita in un’altra area “bella” e non sarebbe stata autorizzata a tornare. In seguito a queste dichiarazioni, Trump ha condiviso un video generato tramite intelligenza artificiale sulla sua piattaforma social, Truth Social, il 25 febbraio scorso. Il video mostrava una versione trasformata di Gaza, con hotel di lusso, statue dorate e scene che includevano Trump e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu che si rilassavano insieme. Questa rappresentazione è stata ampiamente criticata per la sua mancanza di sensibilità e per la percezione di promuovere l’idea di “pulizia etnica” nei confronti della popolazione palestinese. La proposta ha suscitato reazioni contrastanti a livello internazionale. Molti leader mondiali, attivisti e figure religiose hanno condannato il piano, definendolo una forma di “pulizia etnica”. In particolare, l’ufficio del presidente palestinese Mahmoud Abbas ha respinto il piano, sottolineando che la Striscia di Gaza è una parte integrante della Palestina e opponendosi al trasferimento forzato dei palestinesi. La comunità internazionale continua a monitorare da vicino gli sviluppi di questa proposta e le sue potenziali conseguenze.

 

Il ritornello di una canzone composta nel 1941 e cantata da Ferruccio Tagliavini in un film di Mattoli del 1942 mi è tornato in mente pensando alla situazione che viviamo ora, con il mondo che, depresso dalle guerre e dalla situazione di crisi diffusa, mostra -come allora- una voglia di evasione, che in Italia si manifesta con i picchi di ascolto raggiunti dal festival di Sanremo. Ma questo bisogno di “fuggire dalla guerra e dalla violenza” si manifesta in modo diverso tra quanti non vorrebbero distruzioni e quanti invece su di esse lucrano.

Roccaraso - Cosa vedere e come arrivareLa voglia di evasione non è neutra rispetto all’ambiente e può essere deleteria non solo nelle semplici e rozze forme in cui si è manifestata a Roccaraso, luogo da turismo di massa degli anni della crescita del sud Italia e attualmente in crisi, sommerso improvvisamente per un giorno dal turismo “usa e getta” di recente sviluppo. Decine di migliaia di turisti che si sono mossi in un luogo che ne avrebbe potuto contenere molti di meno e che non hanno consumano niente a vantaggio della stentata economia locale, anzi, ne hanno intaccato le poche risorse. Così accade anche altrove: in pieno sforzo bellico, in Israele alcune agenzie immobiliari mostravano Gaza con ville, piscine e spiagge per ricchi turisti? “Scegli la tua villa sul mare di gaza“, dicevano. A seguire, Trump ha fatto un passo ulteriore e ha proposto il suo “progetto per Gaza“: “quei poveri palestinesi stanno male lì, cacciamoli, mandiamoli via dalla loro terra, e costruiamo su Gaza un grande resort per ricconi occidentali di proprietà americana“, è il modo in cui si potrebbe sintetizzare la sua idea.

Quello che colpisce in queste proposte, oltre alla buona dose di cinismo e di approssimativa morale che viene manifestata dai progetti, è l’idea che possiamo distruggere e poi ricostruire in modo tale da fare dimenticare il passato e dare al luogo una diversa impronta, tanto da consentire a quanti lo vogliano, di vivere felicemente in un luogo, facendone un posto “fuori dalla storia”, anzi, privo di storia.
L’idea, lontano dal considerarla una esternazione folle, è invece una precisa conseguenza della società in cui viviamo e alle sue spalle ha una altrettanto ben delineata concezione della natura, della vita e della società. Essa è stata già evidente nell’idea di svago promossa nel secolo scorso, che negli USA si è sviluppata più che altrove.

Pranzo al Captain Jack's - Restaurant des Pirates Basti pensare a come è stata creata Disneyland prima come modello californiano e poi esportata in tutto il mondo a cui, via a seguire, si sono sviluppati i vari modelli di luna park che circondano gli anonimi agglomerati urbani anche nei nostri territori. Ad esempio, nella costruzione della Disneyland di Orlando in Florida c’è stata la manifestazione più limpida del futuro voluto dalla nuova industria esaltata da Trump: nel luogo dove essa è stata costruita esisteva una foresta tropicale, un habitat naturale di mangrovie, lagune e mare che è stato completamente distrutto per poi essere ricostruito in modo da imitare il naturale. Quindi il luogo in cui ci si diverte a salire sulla nave dei pirati dei Caraibi è un simil-naturale che sostituisce il naturale esistente. Ma, pensandoci bene, quest’idea era insita nel progetto francese di fare del giardino della casa di Giverny di Monet, dipinto in tanti quadri, un luogo per turisti, mantenendolo maniacalmente alla stessa maniera nel tempo: l’imbalsamazione del naturale diventa oggetto di godimento ad uso turistico.

Anche nel nostro piccolo abbiamo avuto esempi di questo genere: in epoca fascista fu sloggiato dalla sua sede il cimitero ebraico di Roma (con una sottile vena di sadismo) per costruire al suo posto l’attuale giardino delle rose, luogo in cui i romani, oggi, si ritrovano nel mese di maggio ad ammirare l’eccezionale fioritura delle varietà di rose in esso impiantate. Ad onore della Repubblica, si deve dire che in loco è riportata su cartelloni la storia e la descrizione precisa degli avvenimenti che hanno modificato la natura del luogo sino a quella odierna.

Israele e Palestina: il cessate il fuoco e la situazione umanitaria a Gaza | ISPIMa la sostanza di un agire che alterna distruzioni a ricostruzioni –tutte artificiali- a lungo andare, non giova all’ambiente ed alla natura, cioè a noi. Dove sono passate bombe e cemento difficilmente si potrà ripristinare un habitat vivibile, se non a prezzo di enormi consumi energetici, economici e sociali. Ed anche in quel caso, si tratterebbe di capire se ne vale la pena. Attualmente le coste cementificate di tutto il pianeta sono le più esposte alla furia degli elementi, aumentata dopo i cambiamenti climatici. Riesco solo ad immaginare cosa potrà significare la ricostruzione in Ucraina, dove ai danni causati da un vecchio modello di guerra di trincea si sono aggiunti i danni del nuovo stile di guerra, che consiste nella distruzione sistematica delle risorse e nel minare la forza morale della popolazione, come abbiamo visto a Gaza, vero bersaglio di tutte le guerre dopo la seconda guerra mondiale. Distruzioni che sono favorite dal sistema di difesa attuato che non differisce in niente rispetto a quello di aggressione e che si trasforma spesso in mera rappresaglia. È necessario riflettere bene su cosa può significare ricostruire per “ripristinare la vita precedente”. Già nelle ricostruzioni da catastrofi naturali abbiamo visto come modelli di ricostruzione “tal quale” siano falliti e anche modelli assolutamente diversi, ove si contrapponeva un ambiente radicalmente diverso dal precedente, siano stati abbandonati perché privi di valore e significato.

Ecco come rinasce la foresta, in vent'anni il fotografo Salgado vince la sfida - Corriere.itChi ha visto lo stupendo documentario sull’area della ex azienda, essenzialmente zootecnica, rilevata in Brasile da Sebastiano Salgado (il famoso fotografo) e guidata da sua moglie, avrà visto come la ricostruzione attraverso la riforestazione della Mata Atlantica, tentando un percorso di dialogo con la natura, sia lo strumento migliore per riportare la vita in un luogo. Esistono altri esempi documentati di ripristino di condizioni di fertilità e di vita che incrociano tra loro strutture economiche produttive e strutture per il tempo libero o per il turismo; dove la vita di lavoro e quella di piacere sono connesse e non separate come nella società occidentale.
Ci sarebbero tante possibilità per approfondire lo studio e la ricerca per una diversa economia e per servizi che consentano il piacere nel tempo libero senza pesare sugli altri viventi. Pochi si interessano di approfondirne le basi scientifiche e ancora meno sono quelli che ne analizzano le possibilità concrete.
Le tregue che si prospettano sul delirio della guerra possono servire anche ad aprire queste strade per un diverso modo di concepire il piacere della vita partendo dalle ricostruzioni dei luoghi di guerra.

Gianfranco Laccone, agronomo, presidenza nazionale ACU Associazione Consumatori Utenti

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