
Il dibattito sulla difesa europea ha radici storiche che risalgono alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando l’Europa, devastata dal conflitto, aveva bisogno urgente di sicurezza. L’idea di una difesa comune europea ha fatto passi significativi nel corso degli anni, ma ha incontrato molte difficoltà politiche. Dopo il fallimento della Comunità di Difesa Europea (CDE) nel 1954 e la successiva dipendenza dalla NATO durante la Guerra Fredda, l’Unione Europea ha lentamente sviluppato capacità di difesa propria, ma ha dovuto confrontarsi con la dominanza della NATO. Negli anni successivi alla Guerra Fredda, l’Unione Europea ha avviato la Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC) nel 1999, con l’obiettivo di sviluppare capacità civili e militari per rispondere alle crisi internazionali. Tuttavia, la PSDC non ha mai portato alla creazione di un esercito europeo comune, limitandosi a missioni di gestione delle crisi. Nel frattempo, le minacce globali come il terrorismo, i conflitti nei Balcani e le instabilità politiche nei vicini dell’Europa, come la Libia, hanno evidenziato le lacune delle capacità di difesa europea. L’invasione della Crimea da parte della Russia nel 2014 e la successiva escalation con l’invasione su larga scala dell’Ucraina nel 2022 hanno sottolineato l’urgenza di rafforzare la difesa dell’Europa. La guerra in Ucraina ha avuto un impatto profondo nel rinnovare il dibattito sulla difesa europea, sollevando interrogativi sulla necessità di una maggiore autonomia strategica dell’UE. Di fronte a queste nuove minacce, l’Unione Europea ha avviato diverse iniziative per migliorare la cooperazione in materia di difesa. Nel 2017, l’UE ha lanciato la Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO), che mira a creare capacità di difesa comuni tra i paesi membri, con progetti in settori come esercitazioni militari, sistemi di difesa antimissile e la cooperazione tra le industrie della difesa. Inoltre, è stato istituito l’European Defence Fund, per finanziare la ricerca e lo sviluppo in campo difensivo. Tuttavia, nonostante questi progressi, la creazione di una difesa europea autonoma e integrata è stata ostacolata da differenze politiche ed economiche tra i paesi membri. Un passo significativo è stato compiuto in questo mese di marzo, quando la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha proposto un piano per rendere l’Europa meno dipendente dalle forniture di difesa esterne, aumentando la produzione di armi e munizioni all’interno dell’UE. La proposta della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, prevede un investimento totale di 800 miliardi di euro per rafforzare le capacità difensive dell’Unione Europea. Di questi, 650 miliardi deriverebbero dall’attivazione delle clausole di salvaguardia del Patto di stabilità, permettendo agli Stati membri di aumentare la spesa per la difesa senza violare i limiti di bilancio. I restanti 150 miliardi sarebbero forniti dall’UE sotto forma di prestiti agli Stati membri per investimenti specifici nel settore della difesa. Inoltre, nel febbraio 2025, von der Leyen aveva già annunciato l’intenzione di attivare la clausola di salvaguardia per le spese sulla difesa, al fine di consentire agli Stati membri di aumentare significativamente gli investimenti nel settore senza incorrere in sanzioni legate al debito pubblico.
Che tipo di pace cerchiamo?
Sto parlando di una pace vera.
Un tipo di pace che rende la vita sulla terra degna di essere vissuta.
Non solamente la pace nel nostro tempo, ma la pace in tutti i tempi.
I nostri problemi vengono creati dall’uomo,
perciò possono essere risolti dall’uomo.
Perché in ultima analisi,
il legame fondamentale che unisce tutti noi
è che abitiamo tutti su questo piccolo pianeta.
Respiriamo tutti la stessa aria.
Abbiamo tutti a cuore il futuro dei nostri figli.
E siamo tutti solo di passaggio.
(discorso del 28 ottobre 1962 di John F. Kennedy)
L’Unione Europea (UE) si trova oggi ad affrontare una delle sfide più complesse della sua storia: bilanciare le necessità di sicurezza e sostenibilità. Da un lato, l’UE sta cercando di costruire una difesa più forte, autonoma e indipendente, per rispondere a minacce geopolitiche sempre più complesse, come l’invasione russa dell’Ucraina e il crescente militarismo in altre aree del mondo. Dall’altro, l’Unione è impegnata a realizzare uno dei progetti più ambiziosi della storia contemporanea: il Green Deal europeo, che punta a rendere l’Europa il primo continente climaticamente neutro entro il 2050.
Questi due obiettivi – la difesa e la sostenibilità – sembrano spesso in contrasto, creando un conflitto tra gli imperativi economici e industriali legati alla difesa e quelli ambientali legati alla transizione ecologica. Sebbene l’UE stia facendo progressi in entrambe le aree, trovare un equilibrio tra queste due necessità urgenti è una sfida che definisce non solo la politica interna dell’Europa, ma anche la sua posizione globale nei prossimi decenni.
La difesa europea: evoluzione e necessità contemporanee
Fin dai suoi albori, l’Unione Europea ha cercato di integrare un sistema di difesa che fosse complementare e, in qualche caso, alternativo alla NATO. Sin dal 1954, quando la Comunità di Difesa Europea (CDE) fallì per mancanza di consenso tra i membri, l’idea di una difesa comune è stata una questione divisiva. Nel corso della Guerra Fredda, l’Europa si è affidata principalmente alla protezione garantita dalla NATO, e solo nel 1999, con il trattato di Amsterdam, l’UE ha dato vita alla Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC), pur mantenendo il primato della NATO nella difesa collettiva.
Negli anni successivi, con la fine della Guerra Fredda, l’UE ha continuato a sviluppare capacità civili e militari per affrontare crisi internazionali. Tuttavia, i progressi sono stati limitati da divisioni interne tra i membri dell’Unione riguardo l’intensità di impegno nelle operazioni militari e il desiderio di mantenere la dipendenza dalla NATO, che garantiva sicurezza senza dover investire troppo in risorse proprie.
Il rafforzamento della difesa europea negli ultimi decenni
Nel 2017, l’Unione Europea ha fatto un passo significativo con la creazione della Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO), una piattaforma per la cooperazione tra Stati membri in ambito difensivo, che ha visto l’attivazione di progetti condivisi in settori come le capacità di difesa cibernetica, la logistica e le operazioni di gestione delle crisi. Allo stesso tempo, l’UE ha istituito il European Defence Fund nel 2021, con l’obiettivo di finanziare la ricerca e lo sviluppo nel settore della difesa. Tuttavia, queste iniziative non hanno ancora portato alla creazione di un esercito europeo comune, e l’Unione rimane ampiamente dipendente dalla NATO per la sua sicurezza.
Le crescenti minacce globali, come l’instabilità geopolitica in Europa orientale e in Medio Oriente, hanno portato a un ulteriore rafforzamento delle capacità difensive dell’UE, ma con una crescente richiesta di autonomia strategica. L’evento scatenante più recente è stata la guerra in Ucraina (2022), che ha messo in evidenza l’urgente bisogno di una difesa europea più forte e integrata.
Il Green Deal europeo: un impegno senza precedenti per la sostenibilità
Il Green Deal europeo, lanciato nel dicembre 2019 dalla Commissione Europea sotto la prima presidenza di Ursula von der Leyen, è una delle iniziative più ambiziose mai proposte a livello globale per affrontare i cambiamenti climatici. L’obiettivo principale del Green Deal è rendere l’Europa climaticamente neutra entro il 2050, riducendo le emissioni di gas serra a zero e promuovendo una transizione verso un’economia verde e sostenibile.
Il Green Deal copre numerosi aspetti della vita economica, industriale e sociale, dai trasporti all’energia, dall’agricoltura all’edilizia. Tra le sue principali misure ci sono la promozione di energie rinnovabili, l’efficienza energetica, il rafforzamento della biodiversità e la creazione di un mercato unico europeo che incentivi il riciclo e l’uso di risorse in modo sostenibile. L’UE ha anche introdotto il piano Fit for 55, con l’obiettivo di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, e ha fissato obiettivi vincolanti per la riduzione della CO2, la promozione della mobilità elettrica e la modernizzazione dell’industria.
I costi e le sfide della transizione ecologica
La realizzazione del Green Deal europeo richiede enormi investimenti e una trasformazione profonda dell’economia. Il costo della transizione è elevato, con stime che parlano di circa 1 trilione di euro necessari nei prossimi decenni. I settori tradizionali, come l’industria automobilistica, il settore energetico e quello dell’agricoltura, sono fortemente influenzati dalle politiche verdi, e alcune regioni dell’UE potrebbero affrontare difficoltà significative nel processare questi cambiamenti.
Oltre alle difficoltà economiche, la transizione ecologica implica anche difficoltà politiche. La resistenza di alcuni paesi membri, che dipendono ancora pesantemente da fonti energetiche non rinnovabili (come il carbone), e l’opposizione da parte di settori industriali che temono per la loro competitività a livello globale, sono ostacoli significativi.
Le contraddizioni tra difesa e Green Deal: un equilibrio difficile da raggiungere
Le risorse destinate alla difesa dell’Europa stanno crescendo, e sebbene gli investimenti siano giustificati dalla necessità di rispondere a minacce come l’invasione russa dell’Ucraina, la crescente spesa militare ha una diretta implicazione sulla sostenibilità ambientale. L’industria della difesa è una delle più inquinanti al mondo, con una significativa impronta di carbonio derivante dalla produzione e dal trasporto di armamenti, dalla costruzione di infrastrutture e dalla logistica militare. In particolare, la produzione di munizioni, veicoli blindati e aerei è associata a livelli elevati di emissioni di gas serra.
Nonostante l’UE abbia avviato alcuni progetti per ridurre l’impatto ecologico della difesa, come l’integrazione di tecnologie a basse emissioni di carbonio nelle operazioni di sicurezza e nella ricerca di nuove soluzioni energetiche, la produzione di armi e la gestione delle risorse belliche rimangono settori ad alta intensità di carbonio.
Difesa verde: possibilità di sinergia tra sicurezza e sostenibilità
Nonostante le contraddizioni evidenti, taluni ritengono che ci siano opportunità per allineare la difesa con gli obiettivi ecologici. L’UE potrebbe adottare una strategia di difesa verde, integrando i principi del Green Deal nel settore della difesa. Ciò potrebbe includere l’adozione di tecnologie verdi per le forze armate, come i veicoli a basse emissioni, l’utilizzo di energie rinnovabili nelle operazioni logistiche e la ricerca di soluzioni innovative per ridurre l’impatto ecologico degli armamenti.
Alcuni paesi dell’UE, come la Francia e la Germania, hanno già intrapreso iniziative in questa direzione, sperimentando nuove tecnologie e sistemi di difesa più sostenibili. Inoltre, la PESCO potrebbe essere utilizzata per sviluppare progetti di cooperazione che promuovano soluzioni innovative per un settore difensivo a bassa intensità di carbonio.
Ma l’idea di una “difesa verde” è altamente controversa dal punto di vista ecologico. Sebbene vi siano iniziative per ridurre l’impatto ambientale del settore della difesa, parlare di una difesa “sostenibile” o “verde” può essere problematico per diversi motivi.
La contraddizione di fondo: la guerra non è ecologica
La produzione e l’uso di armi, i conflitti e le operazioni militari sono tra le attività più impattanti dal punto di vista ambientale. Storicamente, le guerre hanno avuto conseguenze devastanti sugli ecosistemi: distruzione diretta di habitat (foreste abbattute per basi militari, inquinamento di fiumi e mari); emissioni elevate di CO₂ legate alla logistica militare, ai combustibili fossili e alla produzione di armamenti; inquinamento duraturo causato da esplosivi, munizioni all’uranio impoverito, sversamenti di sostanze tossiche.
Il concetto di difesa “meno inquinante”
L’UE e alcuni stati membri stanno esplorando modalità per rendere le forze armate meno impattanti. Ad esempio: l’uso di biocarburanti e fonti rinnovabili nelle basi militari; l’introduzione di veicoli elettrici o ibridi per il trasporto militare; la ricerca su materiali meno inquinanti per la produzione di armi e munizioni.
Tuttavia, questi miglioramenti non eliminano il problema di fondo: la difesa, per sua natura, richiede un enorme dispendio di risorse e ha un impatto ambientale strutturale.
Una difesa verde è un’illusione
Se per “difesa verde” intendiamo una riduzione dell’impatto ambientale delle operazioni militari, allora esistono effettivamente margini di miglioramento. Se invece intendiamo una difesa realmente sostenibile, allora il concetto diventa una contraddizione. La vera sfida ecologica non è come fare la guerra in modo più pulito, ma come evitare la guerra.
La sfida del futuro per l’Unione Europea
Le sfide globali che l’Unione Europea sta affrontando richiedono un impegno costante per conciliare sicurezza e sostenibilità. La difesa europea e il Green Deal europeo sono due pilastri fondamentali per il futuro del continente, ma le politiche in questi settori non sempre vanno d’accordo. La creazione di una difesa verde, che integri le esigenze di sicurezza con gli obiettivi ambientali, rappresenta una contorta strada da percorrere.
Tuttavia, l’UE deve affrontare una serie di difficoltà politiche, economiche e industriali per riuscire a bilanciare questi due obiettivi cruciali. La crescente tensione tra difesa e sostenibilità metterà alla prova le capacità politiche dell’Unione nei prossimi anni, ma al tempo stesso offre l’opportunità di promuovere un modello di sviluppo che sia sicuro, sostenibile e in grado di affrontare le sfide globali del XXI secolo.
Hèléne Martin