
Il 4 aprile 2025, il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) ha pubblicato una mozione riguardante il recepimento italiano della Direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. Questo intervento sottolinea la necessità di allineare la normativa italiana a quella europea per evitare procedure d’infrazione e sostenere la ricerca biomedica nazionale. La mozione riflette le preoccupazioni della comunità scientifica italiana riguardo alle restrizioni normative che potrebbero limitare la ricerca biomedica nel Paese. Organizzazioni come Research4Life sostengono l’adeguamento della normativa italiana alla direttiva europea per garantire condizioni di parità ai ricercatori italiani nell’accesso ai finanziamenti comunitari e per evitare la delocalizzazione della ricerca. Secondo i dati pubblicati dalla Commissione Europea nel 2020, in Europa si è registrata una riduzione progressiva dell’uso di animali vivi negli esperimenti, grazie anche alla Direttiva 2010/63/EU sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, che promuove le 3R (Replacement, Reduction, Refinement). I dati disponibili ci dicono che circa 11 milioni di animali sono stati utilizzati per la sperimentazione scientifica nell’Unione Europea. I principali animali coinvolti erano roditori (topi, ratti), pesci (zebrafish), uccelli (specialmente polli) e primati non umani. Secondo i dati della U.S. Department of Agriculture (USDA), l’uso degli animali nei laboratori negli Stati Uniti è anch’esso elevato, sebbene siano in corso modifiche regolamentari per ridurre l’impatto. Secondo il rapporto USDA 1,07 milioni di animali sono stati utilizzati per la ricerca scientifica. I topi e i ratti costituiscono la maggior parte degli animali utilizzati. L’uso di primati non umani è significativamente più basso rispetto agli altri animali (circa 70.000 nel 2019). I settori principali in cui si utilizzano, nella sperimentazione, animali vivi sono la ricerca biomedica con 70-80% degli animali destinati a studi scientifici nel campo della salute e delle malattie. Un ampio numero di animali viene utilizzato per la ricerca su malattie come il cancro, le malattie neurodegenerative e i disturbi cardiovascolari. La tossicologia e sicurezza con il 10-15% degli animali coinvolto in test di sicurezza per sostanze chimiche, farmaci e cosmetici. Gli animali vengono utilizzati per verificare la sicurezza di nuovi farmaci e cosmetici, ma le normative stanno progressivamente limitando l’uso di animali per cosmetici (come la legge dell’Unione Europea, che ha vietato i test sui cosmetici dal 2013).
L’utilizzo di animali nella ricerca scientifica rappresenta una delle questioni più controverse e dibattute nel panorama bioetico contemporaneo. Sebbene storicamente abbia fornito importanti risultati per la medicina, oggi tale pratica solleva interrogativi etici, scientifici e normativi sempre più urgenti. Il 4 aprile scorso, il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) ha pubblicato una mozione sul corretto recepimento italiano della Direttiva 2010/63/UE, che disciplina la protezione degli animali utilizzati a fini scientifici. Questa mozione, pur richiamando la necessità di armonizzazione normativa con l’Unione Europea, contiene elementi che rischiano di indebolire i principi di tutela degli animali sanciti a livello europeo e nazionale.
La Direttiva 2010/63/UE: principi e limiti
La Direttiva 2010/63/UE rappresenta uno dei testi più avanzati nella regolamentazione dell’uso di animali per la ricerca. Essa si fonda su tre principi cardine: Replacement (sostituzione), Reduction (riduzione) e Refinement (perfezionamento), noti come le “3R”. L’obiettivo è promuovere la progressiva sostituzione degli animali con metodi alternativi, ridurre il numero di esemplari utilizzati e migliorare le condizioni di vita e trattamento. La direttiva stabilisce anche l’obbligo per gli Stati membri di istituire comitati etici, di formare il personale, di registrare gli esperimenti e di rendere disponibili i dati, in un’ottica di trasparenza e responsabilità.
Il recepimento italiano e le sue peculiarità
Il recepimento italiano della direttiva è avvenuto con il decreto legislativo n. 26 del 4 marzo 2014. Tuttavia, il legislatore italiano ha introdotto alcune restrizioni aggiuntive, non previste dalla normativa europea, come il divieto di utilizzo di animali per xenotrapianti e studi su sostanze d’abuso. Queste misure, pur criticabili per una possibile rigidità eccessiva, rappresentano un tentativo di rispondere alla crescente sensibilità pubblica verso la sofferenza animale e di stimolare una ricerca più etica e innovativa.
La mozione del CNBBSV: un ritorno al passato?
La mozione del CNBBSV invita il legislatore italiano ad allinearsi completamente alla direttiva europea, criticando le restrizioni aggiuntive introdotte dal decreto nazionale. In particolare, il Comitato sollecita l’estensione della moratoria sui divieti relativi agli xenotrapianti e agli studi su sostanze d’abuso e propone la semplificazione degli iter autorizzativi per l’allevamento e l’utilizzo di roditori. Tali proposte, tuttavia, rischiano di ridurre il controllo pubblico e l’efficacia delle norme etiche, aprendo la strada a una ripresa incontrollata dell’uso animale.
Critica etica alla sperimentazione animale
Da un punto di vista etico, l’uso di animali nella ricerca si fonda su un presupposto discutibile: che la vita e il benessere animale possano essere sacrificati per un presunto bene superiore umano. Questo principio antropocentrico è sempre più messo in discussione da una bioetica interspecifica, che riconosce agli animali diritti propri e inviolabili. Le immagini di animali sottoposti a dolore, isolamento, privazione e morte non possono essere giustificate da finalità di ricerca, soprattutto in presenza di metodi alternativi validi e affidabili.
Critica scientifica: affidabilità e validità dei modelli animali
Il pensiero scientifico prevalente sull’utilizzo degli animali vivi nella sperimentazione è complesso e articolato, oscillando tra la necessità riconosciuta della pratica in alcuni ambiti e la crescente spinta verso metodi alternativi, in linea con principi etici e scientifici sempre più avanzati.
Ecco i principali punti che lo caratterizzano:
1. La necessità scientifica (ancora attuale in alcune aree)
Molti scienziati ritengono che, in determinati contesti, l’uso di animali vivi nella sperimentazione sia ancora necessario. In particolare: ricerca biomedica: per comprendere i meccanismi di malattie complesse (come Alzheimer, cancro, malattie cardiovascolari). Sviluppo di farmaci: per testare efficacia, tossicità e assorbimento. Test di sicurezza: in ambito tossicologico, cosmetico (anche se sempre più limitato), chimico e alimentare.
Tuttavia, anche tra questi sostenitori vi è una forte adesione al principio delle 3R: Replace (sostituire gli animali quando possibile), Reduce (ridurre il numero di animali utilizzati), Refine (migliorare i metodi per ridurre sofferenza e stress).
2. Crescita e diffusione delle alternative
Il pensiero scientifico più recente sottolinea l’importanza e il potenziale delle alternative alla sperimentazione animale, come i modelli in vitro: tessuti coltivati in laboratorio. Organoidi: mini-organi artificiali su chip che simulano quelli umani. Modelli computazionali (in silicio): simulazioni digitali dei processi biologici. Tecnologie “organ-on-a-chip”: dispositivi che mimano funzioni fisiologiche di organi umani.
Tutte queste tecnologie stanno guadagnando legittimità scientifica e investimenti pubblici e privati, anche grazie a normative e direttive europee (come la Direttiva 2010/63/UE).
3. L’etica nella scienza
La comunità scientifica è sempre più consapevole della questione etica. Le domande fondamentali sono:
Qual è il valore della vita animale?
È giustificabile la sofferenza animale in nome del progresso umano?
Quanto sono davvero predittivi i modelli animali per l’essere umano?
Molti scienziati oggi non mettono in discussione solo la necessità tecnica, ma anche il valore epistemico dell’uso animale, soprattutto quando i risultati ottenuti non si traducono in applicazioni cliniche (una critica frequente nel campo della farmacologia e della neuroscienza).
4. Le istituzioni scientifiche e le normative
Organizzazioni come EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare), EMA (Agenzia europea dei medicinali), OCSE, NIH statunitense, sottolineano il principio della sostituzione e incoraggiano l’uso di metodi alternativi. Tuttavia, in molti casi, le norme di registrazione di nuovi farmaci o sostanze chimiche ancora richiedono test su animali, anche per motivi di responsabilità legale.
5. La tendenza è al superamento
Il pensiero prevalente nella comunità scientifica, oggi, non è più quello di difendere l’uso degli animali tout court, ma di accelerarne il superamento, pur riconoscendo che in alcuni campi non si dispone ancora di alternative sufficientemente affidabili.
La Commissione Europea, nel 2021, ha ribadito l’impegno a una “Europa senza sperimentazione animale“, e le stesse mozioni parlamentari degli ultimi anni riflettono una volontà politica e scientifica comune di spingere in questa direzione.
Il pensiero scientifico prevalente è di transizione: riconosce l’importanza storica e, in parte, attuale dell’uso di animali vivi, ma considera prioritario investire in ricerca e sviluppo di metodi alternativi, ritenuti non solo più etici, ma anche potenzialmente più predittivi, efficienti e umani.
Numerosi studi hanno messo in dubbio l’efficacia predittiva dei modelli animali per l’uomo. La variabilità biologica tra specie rende spesso i risultati ottenuti negli animali non applicabili all’uomo. Fallimenti terapeutici in fase clinica sono spesso imputabili a questa trasposizione errata. Investire nei metodi alternativi (organ-on-a-chip, modelli computazionali, colture cellulari 3D) non è solo una questione etica, ma anche di efficacia e sicurezza scientifica.
La posizione delle associazioni animaliste e della società civile
Le principali associazioni per i diritti degli animali hanno criticato duramente la mozione del CNBBSV, accusandola di voler allentare i controlli e aumentare la sofferenza animale. Anche parte della società civile e accademica ha espresso preoccupazione, sottolineando il rischio di un passo indietro in termini di civiltà e innovazione. La crescente opposizione alla sperimentazione animale è anche testimoniata da iniziative come le petizioni europee e le richieste di revisione della direttiva stessa.
L’Italia e la ricerca etica: quale futuro?
In un contesto globale sempre più attento alla sostenibilità e ai diritti degli esseri senzienti, l’Italia ha l’opportunità di diventare un modello di ricerca etica e avanzata. Ciò richiede però investimenti consistenti nei metodi alternativi, sostegno alle infrastrutture di ricerca pubbliche, formazione dei ricercatori e una normativa chiara e rigorosa. La mozione del CNBBSV, nella sua spinta verso la deregolamentazione, rischia invece di rafforzare l’approccio tradizionale, rallentando la transizione necessaria.
Conclusione
La mozione del CNBBSV del 4 aprile, pur animata da intenti armonizzatori, solleva profonde perplessità. In un momento storico in cui è possibile e doveroso ripensare il rapporto tra scienza e rispetto per gli altri esseri viventi, ogni passo indietro nella protezione degli animali utilizzati a fini scientifici appare ingiustificabile. L’Italia ha la responsabilità di guidare il cambiamento verso una scienza più giusta, trasparente e realmente orientata al progresso.
Non è con l’allentamento delle regole che si tutela la libertà della ricerca, ma con il coraggio di innovare e con la capacità di includere il rispetto per la vita in ogni sua forma tra i principi irrinunciabili della società contemporanea.
Hèléne Martin