Le 60 maggiori banche del mondo hanno versato oltre $ 5.500.000.000.000
in 7 anni nell’industria dei combustibili fossili, guidando il caos climatico e
causando impatti mortali sulla comunità locale.
La situazione delle italiane
Se il denaro fa girare il mondo, non dovrebbe sorprendere che i combustibili fossili alimentino ancora l’economia globale. Da quando i leader mondiali hanno raggiunto l’accordo sul clima di Parigi nel 2015 per limitare il riscaldamento e ridurre l’inquinamento che lo provoca, i gruppi ambientalisti hanno denunciato il continuo flusso di finanziamenti dalle banche più ricche all’industria petrolifera e del gas. Gli attivisti del clima hanno aumentato la pressione sulle banche per cambiare rotta e molti istituti di credito hanno risposto adottando politiche per ridurre l’inquinamento climatico generato dai loro vasti portafogli. Alcune si sono anche impegnate a smettere di finanziare del tutto alcuni tipi di estrazione di combustibili fossili, come l’estrazione del carbone e le trivellazioni artiche. Ma queste politiche hanno fatto qualche differenza?
Nuove ricerche e analisi forniscono un quadro confuso. Le banche hanno prestato molto meno denaro alle compagnie di combustibili fossili l’anno scorso, secondo un rapporto (qui e qui) di alcuni gruppi ambientalisti, guidati da Rainforest Action Network. Tuttavia, il declino è stato probabilmente guidato non dalle scelte fatte dalle banche, dice il rapporto, ma perché le compagnie petrolifere avevano guadagnato su così tanto denaro che non avevano bisogno di prenderne altro in prestito. Molte compagnie petrolifere hanno guadagnato profitti record l’anno scorso.Resta però il dato che, secondo il rapporto, le prime 60 banche del mondo hanno investito 673 miliardi di dollari in finanziamenti in società di combustibili fossili l’anno scorso. Nonostante la riduzione, gli autori del rapporto hanno affermato che le politiche di prestito fossile delle banche rimangono deboli e inadeguate, e che tali finanziamenti non stanno diminuendo abbastanza velocemente da frenare l’inquinamento climatico in linea con l’obiettivo più ambizioso dell’accordo di Parigi di limitare il riscaldamento a 1,5 gradi.“Vediamo ancora questo enorme flusso di finanziamenti nelle società di combustibili fossili, comprese le aziende che stanno espandendo i combustibili fossili“, ha detto April Merleaux, responsabile della ricerca presso Rainforest Action Network e autore principale del rapporto. Il rapporto ha individuato le più grandi aziende coinvolte nell’espansione dei combustibili fossili – quelle che esplorano nuovi giacimenti petroliferi, ad esempio, o costruiscono nuovi oleodotti – e ha scoperto che le banche avevano prestato loro 150 miliardi di dollari l’anno scorso. “Ogni dollaro che sta andando in espansione è un dollaro che ci sta spingendo oltre l’obiettivo di 1,5 gradi“. Ciò nonostante che, nel 2021, l’Agenzia internazionale per l’energia abbia affermato che non dovrebbero essere sviluppati nuovi giacimenti di petrolio e gas se il mondo vuole raggiungere l’obiettivo dell’accordo di Parigi. Pavel Molchanov, analista della società finanziaria Raymond James, concorda sul fatto che il calo dei prestiti dello scorso anno è dovuto in gran parte al fatto che molte compagnie petrolifere hanno guadagnato più soldi che mai. Ma la nuova pressione da parte degli investitori sta iniziando ad avere un effetto anche su come le compagnie petrolifere spendono i loro soldi, ha aggiunto. Gran parte di questa pressione proviene dagli investitori convenzionali che cercano rendimenti più elevati e una spesa più disciplinata dal settore, piuttosto che emissioni inferiori.
FINANZIAMENTO DEI
COMBUSTIBILI FOSSILI
DALLE 60 PIU’ GRANDI BANCHE DEL MONDO (cliccare)
Il rapporto del Rainforest Action Network ha anche valutato le politiche di prestito delle banche ed ha sottolineato alcune critiche, come la ricerca di un’eccessiva dipendenza dalle compensazioni di carbonio per raggiungere gli obiettivi. Il rapporto del Rainforest Action Network afferma che 49 banche con politiche per raggiungere emissioni nette zero dai loro portafogli entro il 2050 hanno prestato 122 miliardi di dollari l’anno scorso a società impegnate nell’espansione dei combustibili fossili. “Un qualche modo per sembrare greenwash“, ha detto Merleaux delle politiche delle banche.
E in Italia, quali banche e quali aziende sono ancora in ritardo nelle politiche di contrasto al fossile, secondo il rapporto del Rainforest Action Network? Come scrive oggi la nostra Federica Rochira, sotto, in Green News, gli italiani sono sollecitati in questi giorni ad occuparsi delle poche migliaia di euro che si spendono per rimuovere le pitture lavabili usate nelle azioni degli attivisti di Ultima Generazione. Parlare al portafoglio dei cittadini è da sempre l’argomento preferito nel nostro paese per distogliere l’attenzione dai problemi concreti e oggi viene utilizzato per raffreddare le crescenti simpatie verso gli attivisti e gli argomenti legati al collasso climatico. Se si parlasse, con la stessa intensità e frequenza, delle quantità di soldi che vengono investiti nei fossili, per esempio con i soldi pubblici (oltre 40 miliardi di euro ogni anno) che finiscono nei SAD (Sussidi Ambientalmente Dannosi) di cui abbiamo scritto a dicembre (“Vi spieghiamo come lo Stato paga (con i nostri soldi) chi inquina”, qui), siamo sicuri che il sentimento collettivo verso l’ambientalismo, si incrementerebbe notevolmente.
LA SPORCA DOZZINA : le peggiori banche dall’accordo di Parigi (cliccare)
Ma torniamo alle banche italiane e alle aziende finanziate per investire nei fossili.Dal rapporto del Rainforest Action Network scopriamo che l’ UniCredit ha finanziato (dal 2016 al 2022, importi in milioni di dollari) aziende nel mondo impegnate nei fossili per un totale di 42.801,19 milioni di dollari, di cui $ 2,835.45 a ENI spa; $ 1,279.15 a Eni Finance International SA; $ 1,054.25 a Italgas spa; $ 228.24 a API Anonima Petroli Italiana SpA; $ 198.17 a Hera SpA; $ 118.00 a A2A spa; $ 80.81 a Enel spa; $ 44.46 a ERG spa. Segue Intesa San Paolo che ha finanziato, nel mondo e per i fossili, un totale di 21.031,39 milioni di dollari, di cui (tra gli altri) $ 78.48 a Italgas Storage SpA; $ 56.32 a Enel SpA.
In pratica, solo due banche italiane (tra le 60 più grandi al mondo, oggetto di rilevazione) hanno finanziato aziende impegnate nei fossili, in Italia e nel mondo, per un totale (in sette anni) di 63.832,58 milioni (sessantatremiliardiottocentotrentaduemilionicinquantottomila) di dollari.
Lungi da noi fare valutazioni moralistiche, riteniamo solo che quando si vuole “monetizzare” l’attivismo ambientale, i numeri vanno fatti tutti per capire chi sta svolgendo un ruolo attivo per contrastare i cambiamenti climatici e chi invece continua ad essere guidato dall’antica locuzione latina “pecunia non olet”.
La nostra conclusione è che siamo convinti che le banche possano svolgere effettivamente un ruolo importante nel realizzare i cambiamenti nell’economia. Sono abituate a fare calcoli di rischio, con ampie conseguenze sociali, ma questo è un caso in cui le governance bancarie non stanno valutando i futuri rischi climatici con tutta la serietà che meritano.
Giuseppe d’Ippolito, Website Founder