Cinque considerazioni dell’Associazione che ha promosso la
segnalazione di greenwashing contro Poste Italiane. Ma anche
la proposta per l’avvio di una nuova riflessione nel rapporto tra
produzione e consumo. Destinatari le altre Associazioni ma,
anche, le aziende come Poste Italiane

Quando analizzammo la pubblicità di Poste Energia, intuimmo che ci saremmo trovati come all’arrivo degli scopritori di nuove terre. Per me, che sono un fedele lettore di Tex (un fumetto di avventure western che, con le strisce a poche lire, avrebbe segnato da bambino le prime letture autonome con gli amici, il paragone con i pionieri del Far west è venuto facilmente. Ma ci sono alcune importanti differenze tra quella condizione (parlo dei pionieri realmente esistiti e non di quelli idealizzati nei fumetti) e quella nostra odierna.

Oggi, abbiamo una conoscenza di cosa sia il greenwashing (non siamo in un territorio sconosciuto) molto teorica ma buona e, soprattutto, non siamo i pionieri che, anche involontariamente, vanno alla conquista a danno dei nativi. In questo paragone rappresentiamo esattamente l’opposto. Siamo i nativi del territorio del consumo, nella nuova valle del “consumo/produzione” che ci ha aperto la possibilità di consumare e produrre energia rinnovabile. Se partiamo da questi presupposti, i “pionieri” del viaggio nella “promise land luce e gas” sono i venditori ed i produttori di energia, vecchi e nuovi, che dovrebbero confrontarsi con i “nativi/consumatori e produttori” sul senso della loro presenza e sul come viaggiare per la compravendita di energia.

Visto da questo lato, il confronto avviato con Poste Energia è solo all’inizio.

Ci sono alcuni fatti importanti che i comunicati congiunti di ACU e di Climateaid  Network su questa vicenda sottolineano.

  1. L’ACU e Climateaid hanno svolto un’analisi e promosso un’azione congiuntamente, associazione di consumatori e ambientalista, e questo ha ottenuto in breve tempo risultati positivi. Molte volte nei decenni passati associazioni ambientaliste hanno promosso la formazione di associazioni di consumatori, ma pochissime volte si è visto il loro lavoro congiunto. La nostra prospettiva strategica riguarda il superamento degli steccati esistenti tra rivendicazioni classificate ambientaliste e altre dette dei consumatori. Invece di favorire la crescita, queste barriere classificatorie hanno favorito la divisione e la riduzione della portata delle richieste, rendendo ancora più debole la parte strutturalmente debole del confronto, quella del consumo e dei servizi che, paradossalmente, rischia di trasferire la passata debolezza del confronto anche ora nel nuovo sistema di relazioni, allorquando ha nelle mani la produzione di un bene primario: l’energia. Il nostro invito alle altre associazioni ambientaliste e consumeriste è di proporre unitariamente in futuro qualsiasi richiesta in questo ambito.
  2. Analizzando i messaggi pubblicitari e comunicandolo all’impresa abbiamo ottenuto una prima vittoria: la modifica della pubblicità per alcuni degli aspetti, secondo noi, ingannevoli. Non è una vittoria di parte, è il primo passo per un’informazione aziendale corretta ed è una vittoria di tutti. È una conquista delle relazioni tra produzione e consumo.
  3. Continueremo ad analizzare il messaggio dell’azienda revisited che ci risulta ancora lacunoso. Aiuteremo i consumatori che pensavano di contribuire totalmente alla riduzione di CO2 sottoscrivendo il contratto. Pensiamo che la strada aperta con la nostra metodologia, con l’ulteriore verifica anche tecnico-scientifica, non possa fermarsi ai primi approcci. L’apporto fondamentale dell’esperienza di Climateaid e dell’avv. D’Ippolito ci dimostrano che l’analisi multidisciplinare produce risultati ampiamente positivi e che il confronto può essere trasportato in altri terreni con altre aziende ed associazioni d’impresa. Lavoriamo affinché si trasformi il mondo delle relazioni e la certificazione diventi sempre più un sistema di metodi e prassi in grado di sopperire con la certificazione volontaria alla lentezza burocratica che spesso distingue i sistemi obbligatori e che arriva in tempi lunghi.
  4. La vicenda dimostra che il vecchio non lascia il passo al nuovo, anche quando si dimostra poco utile per lo sviluppo dei prodotti innovativi. Bene ha fatto il Presidente dell’ACU Cavinato a sottolineare questi aspetti in modo diretto. Sappiamo che avviarsi per la strada inesplorata di relazioni paritarie tra produzione e consumo, senza limitarla ai contenziosi, non fa parte del bagaglio di esperienza, tant’è vero che si avvia da un altro versante la proposta di conciliazione paritaria nel settore energia con tutte le associazioni dei consumatori. Accetteremo senza problemi il confronto sulla conciliazione paritaria, uno dei settori in cui decenni or sono aprimmo la strada ai nuovi metodi di risoluzione delle controversie, ma sottolineiamo che questo non è più sufficiente. Abbiamo la necessità di avviare il confronto a monte della produzione: nel campo dell’offerta dell’immagine, dei servizi aggiuntivi, del prezzo di mercato. Perché crediamo nel libero mercato e nella capacità delle parti di creare accordi e codificare relazioni senza l’intervento preventivo del legislatore (che pure chiameremo a fare la sua parte). L’esperienza della legislazione comunitaria mostra come questo confronto che nasce dal mercato offra soluzioni, sia pure parziali, valide a superare gli ostacoli per una vendita trasparente e non ingannevole.
  5. Esiste un valore generale della vicenda, importante ed esemplare, che invitiamo a tenere in debito conto. È un invito rivolto all’azienda ma anche agli altri osservatori del confronto oggi alla finestra: imprese energetiche, associazioni dei consumatori e ambientaliste. Si tratta dell’avvio di un nuovo modo di sviluppare relazioni nel settore energetico. Come il confronto sul lavoro si sviluppò non solo grazie alla normativa studiata dai giuristi e codificata in leggi e provvedimenti ma, soprattutto, attraverso il confronto tra le parti, oggi abbiamo difronte la stessa strada nel settore energetico. La dottrina giuslavorista nacque da questo impegno e dalla contrattazione tra le parti, che vide la luce anche quando mancava una base giuridica. Oggi negarsi un impegno in tal senso servirà solo a rallentare un processo e mettere le imprese che rifiutano il confronto in condizioni poco vantaggiose. Un ruolo importante è quello dell’AGCM che con i suoi pronunciamenti marcherà la nuova strada delle relazioni d’impresa che stiamo tracciando.

Faremo con Poste Italiane la necessaria formazione di funzionari e volontari per avviare la conciliazione paritetica, come sempre avviene in questi casi, ma invitiamo l’azienda a fare con noi anche altro: avviare un confronto su cosa significhi oggi la vendita di servizi energetici, cosa vuol dire il consumo di essi. Pensiamo che in questi giorni si marchi il passaggio ad una nuova idea di consumo, superando quella affermatasi negli ultimi trent’anni in cui tutto era riconducibile ad un prodotto da confezionare e da vendere (oggetti, servizi, persone, immagini, idee): è accaduto per l’impresa fordista in Italia nei primi anni di questo secolo, è inevitabile che accada anche per l’attuale commercio basato sull’immagine. Non sarebbe male decidere un brainstorming comune con esperti designati da entrambe le parti; chissà se riusciremo nell’intento, ma varrebbe la pena provarci.

Gianfranco Laccone, agronomo, presidenza nazionale ACU Associazione Consumatori Utenti

 

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