I mesi che hanno preceduto questi ultimi giorni di marzo, che si concluderà con la celebrazione della domenica di Pasqua, sono stati caratterizzati da un numero drammaticamente alto di vittime, specie incolpevoli civili e bambini, effetto diretto di guerre e atti terroristici e, come loro conseguenza, di stragi della migrazione. Vi proponiamo una piccola rassegna di questi tragici eventi, per trarne uno spunto su cui riflettere senza dimenticare che i concetti espressi dal significato della ricorrenza pasquale, dalla Pasqua Ebraica a quella Cristiana, restano gli stessi negli anni: rinascita e pace. Pace tra i popoli e con il proprio prossimo ma anche pace con l’ambiente la cui distruzione porta e porterà vittime ancora maggiori di tutte le guerre e di ogni conflitto armato.
Questa Pace, complessivamente intesa, le donne e gli uomini dell’Associazione ClimateAid Network, insieme a chi scrive e collabora a vario titolo a questo sito, augurano a tutti Voi per queste festività pasquali.
Venerdì 22 marzo l’ultima strage a Mosca durante un concerto alla Crocus City Hall. Nel tragico attacco, 143 persone sono state uccise, tra cui tre bambini, e 107 persone sono state ricoverate in ospedale. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) sono oltre 18.500 le persone palestinesi uccise dai bombardamenti a tappeto durante il recente conflitto. Questo numero include vittime civili, tra cui donne e bambini. Israele ha perso 115 soldati durante le operazioni di guerra. Durante l’attacco del 7 ottobre, 1.200 persone sono state uccise da Hamas.
Secondo, invece, il Ministero della Salute della Striscia di Gaza, gestito da Hamas, tra il 7 ottobre 2023 (giorno dell’inizio del conflitto con Israele) e il 2 gennaio 2024, nel territorio palestinese sono morte oltre 22.185 persone, con una media di oltre 250 morti al giorno. La maggior parte delle vittime è composta da donne e bambini. Anche alcuni funzionari dell’intelligence statunitense e membri dell’esercito israeliano hanno considerato affidabili questi dati.
Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina il 24 febbraio 2022, il bilancio delle vittime è stato tragico e in continua crescita. Tuttavia, i dati ufficiali sono spesso difficili da ottenere a causa della natura del conflitto e delle diverse fonti di informazione. Secondo l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), più di 10.000 civili ucraini sono stati uccisi durante l’invasione russa. Tra questi, 575 erano minori. Questo è solo il numero verificato, e il totale effettivo potrebbe essere molto più alto. Inoltre, oltre 20.000 civili sono stati feriti.
L’organizzazione indipendente Book of Memory stima che 15.000 soldati ucraini siano stati uccisi. Tuttavia, il numero reale potrebbe superare le 30.000 persone su una forza militare complessiva di circa 815.000 unità. I feriti, secondo il Wall Street Journal, sono circa 100.000. La narrativa russa cerca di far passare il messaggio che la Russia non stia praticamente subendo perdite tra le sue fila. Tuttavia, la realtà è diversa. Durante un periodo di soli quattro mesi, più di 6.000 soldati russi sono morti nel tentativo di conquistare la piccola città di Adviika, nella regione del Donetsk. Questo porta il totale dei militari russi mandati a morire dall’inizio del conflitto a oltre 16.000.
Nel 2024, la situazione per i migranti in navigazione è stata tragica e ha comportato numerose perdite di vite umane. Il 14 marzo 2024, un gommone partito da Zawiya, in Libia, alla volta di Lampedusa, è stato lasciato alla deriva per sette giorni. Dei 60 migranti a bordo, almeno uno era un bambino. Soltanto 25 persone sono sopravvissute, ma in condizioni gravissime. Molti presentavano ustioni da carburante e sintomi di ipotermia e disidratazione. Nonostante le richieste di aiuto lanciate, nessuno ha risposto, e la strage potrebbe essere stata evitata se ci fossero stati più mezzi di soccorso. Ma nel 2024, ci sono stati altri naufragi nel Mediterraneo, con almeno 55 morti. Complessivamente, Il progetto Missing Migrants dal 2014 sino ad oggi ha registrato 29.296 decessi durante la migrazione nel solo Mediterraneo. Questi eventi hanno portato a una tragedia continua per i migranti che cercano di attraversare il mare in cerca di sicurezza e speranza.
Il rischio climatico in Italia ha già superato, negli ultimi 24 mesi, quello sismico. 378 eventi meteorologici estremi, hanno causato danni miliardari ai territori e la morte di 31 persone. L’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) stima che ogni anno in Europa ci siano almeno 238.000 morti premature a causa dell’esposizione all’inquinamento atmosferico, di cui ca.70.000 solo in Italia. Questo dato riguarda principalmente l’inquinamento da particolato fine (PM2,5), che supera le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Inoltre, l’inquinamento da biossido di azoto è responsabile, in Europa, di 49.000 decessi prematuri, mentre all’esposizione all’ozono se ne attribuiscono 24.000. Oltre ai decessi prematuri, l’inquinamento atmosferico causa problemi di salute e comporta costi significativi per il settore sanitario.
Questa tragica contabilità di vite umane perse è in continuo aggiornamento e confligge amaramente con il messaggio universale di Pace che la Pasqua porta in sé, simboleggiato dalla colomba e dal ramoscello d’ulivo. Su questo occorre riflettere anche e soprattutto durante queste festività pasquali, per non limitarci a caratterizzarle con il tradizionale forte spirito di convivialità.
Parlo di pace tra popoli, come contrario di guerra, stato di tregua garantito dal rispetto dell’idea di interdipendenza nei rapporti internazionali. Una dimensione dove lo svolgimento della vita politica, economica, sociale e culturale è caratterizzato da rispetto reciproco e, aggiungerei, da una continua ricerca della sostenibilità.
La sostenibilità non è altro che la pace con l’ambiente, espressa tramite comportamenti e abitudini a basso impatto ambientale. Non essere in pace con l’ambiente incide sulla nostra salute e sul nostro stile di vita molto più pesantemente di quello che riusciamo a percepire. Si contano infatti, negli ultimi mesi, più di 10 milioni di sfollati a causa dei disastri climatici. Negli ultimi 20 anni, sono stati registrati quasi 7.350 eventi calamitosi, per un costo economico di quasi 3 mila miliardi di dollari e oltre 1,2 milioni di vittime. La pace climatica è oggetto di studi scientifici, libri, inchieste, trasmissioni televisive e movimenti di attivisti ambientali, ma dovrebbe suscitare sempre più l’interesse dei governi per ottenerne la mobilitazione per promuovere politiche green, normative a tutela ambientale e progetti educazionali per la comunità. Un sondaggio pubblicato proprio questa settimana e realizzato da Euronews-Ipsos, fotografa una realtà difficile da immaginare fino a pochi anni fa. L’83% di un campione di 25.916 persone in 18 paesi rappresentanti il 96% della popolazione dell’UE, ritiene importante intervenire sulla questione climatica e, il 52%, pensa sia addirittura una priorità.
Fare pace con il nostro pianeta significa, soprattutto, salvaguardare l’umanità. La natura si rigenererà e rioccuperà gli spazi lasciati liberi dall’uomo. Ma, se non si modificano le attività umane che provocano i cambiamenti climatici, non arriveremo alla perdita del pianeta ma all’estinzione di tutta l’umanità, non solo di singoli popoli e comunità.
Ci vorranno anni, decenni o secoli, ma in ogni caso dipenderà da ciò che faremo adesso e subito. Ciascuno di noi, singolarmente preso, non solo i decisori politici e coloro che hanno in mano le leve dell’economia e della finanza.
Un giorno, saremo giudicati anche per quello che abbiamo fatto o non fatto per l’Ambiente. E a giudicarci sarà soprattutto chi verrà dopo di noi.
Giuseppe d’Ippolito