Verso la fine di un anno dominato da guerre, elezioni e climatiche estreme, a novembre, il prossimo vertice delle Nazioni Unite sul clima si riunirà a Baku. Man mano che si avvicina l’appuntamento, diamo un’occhiata a ciò che è all’ordine del giorno e a ciò che potrebbe influenzarne il risultato. L’Azerbaigian subentra alla presidenza degli Emirati Arabi Uniti con, allo stato attuale, una bella salita da scalare. Sebbene gli azerbaigiani abbiano proposto molti temi per il vertice, tra cui anche la pace globale, in realtà l’attenzione si concentrerà su tre aree quando si tratterà di giudicare se la COP29 ha avuto successo.

 

Il prossimo novembre a Baku, si svolgerà l’annuale “Conferenza Onu delle Parti”; sarà la COP 29 in un anno assai particolare. Non ho dati precisi ma, a mia memoria, il 2024 è stato uno dei più affollati anni elettorali. Ci sono state numerose elezioni generali in tutto il mondo e altrettante sono in programma entro la fine dell’anno quando saranno circa 70 le elezioni in tutto il mondo, che copriranno metà della popolazione mondiale. Ciò include l’UE, la Francia, il Regno Unito, lo stesso Azerbaigian e, pochi giorni prima del vertice, gli Stati Uniti. Entro l’anno tutti avranno cambiato o confermato la propria guida politica.

Il 2024 è, ancora, l’anno in cui ci sono due conflitti armati nel mondo che coinvolgono direttamente o indirettamente i grandi blocchi politici, come non accadeva dalla fine della Seconda guerra mondiale e della “guerra fredda”. Entro la fine dell’anno è probabile che sapremo anche se il 2024 è l’ultimo anno più caldo mai registrato, battendo il 2023. Certamente, è stato un anno di impatti climatici sempre più pericolosi: 13 record mensili di seguito di calore, afferma l’europeo Copernicus o, addirittura, 14 secondo l’organismo di monitoraggio degli Stati Uniti NOAA, , che classifica il luglio 2024 come “il più caldo di sempre“. Continuano ad aumentare le alte temperature dell’oceano e la bassa copertura del ghiaccio marino; due nuove temperature medie globali più elevate a distanza di due giorni l’una dall’altra; e una serie di devastanti inondazioni, incendi e tempeste, oltre alle ondate di calore da record. In Italia, le abbiamo viste tutte: inondazioni, alluvioni, siccità, ecc. mostrando che il nostro clima sta diventando più caldo e umido più velocemente intorno all’hub climatico del Mediterraneo. Tutto ciò sta costando vite umane e mezzi di sussistenza, oltre a mettere a repentaglio la sicurezza alimentare in patria e all’estero. È diventato un luogo comune riferirsi a ogni nuovo estremo e a ogni nuovo studio o rapporto, come l’ultimo avvertimento per il mondo. Ma quando arriveremo alla COP29, i leader si incontreranno in mezzo ad una tale quantità di allarmi climatici che ci si dovrebbe ragionevolmente aspettare colloqui serrati e produttivi.

1. Il denaro sarà l’obiettivo più importante dei colloqui sul clima di quest’anno. Già nel 2009, le nazioni ricche si erano impegnate a fornire 100 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti per il clima, a partire dal 2020, per sostenere le nazioni più povere e in via di sviluppo a ridurre le emissioni e adattarsi ai cambiamenti climatici. Con due anni di ritardo, potrebbero aver mantenuto l’impegno nel 2022 afferma l’OCSE, contraddetta però da Oxfam International (la Confederazione internazionale di organizzazioni non governative, fondata nel 1942, che lavora per combattere la povertà globale e promuovere la giustizia sociale), che invece afferma che i paesi ricchi hanno sovrastimato il “vero valore” dei finanziamenti per il clima di oltre a 88 miliardi di dollari, stimando che il “vero valore” dei finanziamenti per il clima forniti dai Paesi ricchi nel 2022 sia stato tra i 28 miliardi e non più di 35 miliardi di dollari, con – al massimo – solo 15 miliardi di dollari stanziati per l’adattamento, che è fondamentale per aiutare i Paesi vulnerabili al clima ad affrontare il peggioramento degli impatti della crisi climatica (si veda il link in questa pagina ne IL MEGLIO DAL WEB).

Rendering 3D dell'albero del denaro
In ogni caso, l’impegno è stato ribadito nell’Accordo di Parigi del 2015, dove si è anche stabilito che l’obiettivo è basato su un processo a verifica periodica. Ciò significa che ora un “nuovo obiettivo quantificato collettivo” (NCQG) per la finanza climatica dal 2025 in poi è all’ordine del giorno della COP29, in cui i delegati devono fare progressi su come il mondo trasformerà i miliardi in milioni di miliardi.
Sebbene nessuna cifra fissa sia diventata il fulcro delle trattative, le richieste tendono a oscillare proprio intorno al milione di miliardi di dollari. Il che non è, semplice perché è una richiesta che presuppone che i governi ricchi aumentino di dieci volte l’impegno originale in materia di finanza pubblica. Anche se la richiesta principale del più grande gruppo di ONG è che un milione di miliardi di dollari dovrebbe arrivare principalmente attraverso i finanziamenti pubblici delle nazioni più ricche (i maggiori paesi emettitori storici e ancora oggi tra i maggiori emettitori) i colloqui si concentreranno sulle fonti di finanziamento, oltre che sulle somme. C’è anche una crescente aspettativa che il settore privato investa di più, sia nell’energia pulita che negli strumenti basati sulla natura per ridurre le emissioni, sia nelle soluzioni di adattamento per costruire la resilienza. Greenpeace è tra coloro che hanno chiesto un prelievo globale sugli enormi profitti delle aziende di combustibili fossili derivanti dall’invasione russa dell’Ucraina. E la presidenza della COP29 ha annunciato un nuovo fondo volontario in cui le società e i paesi di estrazione di petrolio e gas saranno chiamati a pagare, mentre l’UE tende a sollecitare i finanziamenti anche da parte di quei paesi che sono diventati più ricchi negli ultimi tre decenni, Cina in primis (vedi l’articolo della nostra Hèléne Martin, in questa pagina in GREEN NEWS).Anche le tasse saranno in discussione. Una task force per i prelievi di solidarietà globale, convocata da Francia, Barbados e Kenya, ha stabilito una serie di nuove tasse globali: sulle emissioni marittime, sui frequent flyer, sull’estrazione di combustibili fossili, sulle transazioni finanziarie e sui miliardari. che potrebbero essere riscosse per sostenere i finanziamenti per il clima. E il Brasile, nel suo ruolo di ospite del G20, ha proposto una tassa globale sui miliardari del pianeta. Ciò porterebbe a raccogliere 250 miliardi di dollari all’anno che potrebbero, tra le altre cose, aiutare a finanziare l’azione sul cambiamento climatico.

2.  La COP28 si è conclusa con un impegno storico per la transizione dai combustibili fossili. Il primo riconoscimento formale, nei risultati di una COP, che l’uso di carbone, petrolio e gas deve finire, ed è stato salutato come l’inizio della fine dell’era dei combustibili fossili.


Tuttavia, ci sono pochissimi segni di progresso in questo campo. I negoziati a Bonn su cosa si dovrà discutere alla COP, sono stati rallentati dal gruppo dei Paesi in via di sviluppo che hanno i medesimi interessi legati ai fossili; gruppo che comprende Arabia Saudita, Cina e l’Egitto. I padroni di casa della COP29, l’Azerbaigian, ne hanno fatto poco riferimento, oltre a ribadire l’impegno stesso. L’incapacità di avanzare su tale tema e di ottenere progressi sarebbe però vista come una battuta d’arresto per il processo della COP.

3. La COP30, che sarà ospitata dal Brasile nel 2025, è il termine entro il quale le parti dell’Accordo di Parigi devono presentare i nuovi contributi determinati a livello nazionale.

Ciò significa offrire obiettivi più stringenti per la riduzione delle emissioni in questo decennio e nel prossimo, insieme a impegni di adattamento. La leadership sarà importante e ci si aspetta che la “troika” ospitante le ultime e la prossima COP – Emirati Arabi Uniti, Azerbaigian e Brasile – presenterà obiettivi rafforzati entro la COP29. Ma chissà quando altre nazioni seguiranno l’esempio per creare slancio. Certamente, i partecipanti al vertice sperano di vedere segnali positivi dai grandi emettitori – Stati Uniti, UE e Cina – riguardo ai primi nuovi impegni per il 2025.

Le ultime due COP sono state ospitate da nazioni con regimi autoritari che hanno limitato fortemente le manifestazioni della società civile che potevano svolgersi solo all’interno della sede della COP, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Anche l’Azerbaigian ha tenuto le elezioni quest’anno e il suo presidente, Ilham Aliyev, è stato eletto con il 92% dei voti. Ma le Organizzazioni per i diritti umani segnalano gravi restrizioni alle libertà di espressione, di riunione e di associazione, con corruzione e targeting sistematico dell’opposizione e dei media. Ancora una volta, le ONG per il clima e altri osservatori di tutto il mondo si riuniranno in un paese con poca o nessuna libertà di operare, tanto meno di fare richieste ai propri governi.

Sebbene ciò non impedisca, di per sé, il successo di una COP, non è esattamente un presupposto che lasci ben sperare.

Giuseppe d’Ippolito