Alla COP28 di Dubai, la questione dei crediti di carbonio ha occupato un ruolo centrale nelle discussioni sul clima, soprattutto in relazione all’implementazione dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi. L’attenzione si è concentrata su due meccanismi principali: il commercio volontario di emissioni tra Paesi e un sistema globale di crediti di carbonio, con l’obiettivo di ridurre le emissioni globali e promuovere la collaborazione internazionale. Le conclusioni della COP28 hanno evidenziato una crescente pressione per rendere i mercati del carbonio più trasparenti e per evitare pratiche di greenwashing legate ai crediti di carbonio. Nonostante i progressi nel creare un quadro regolamentare, alcuni aspetti cruciali sono stati rinviati alla COP29 (a novembre in Azerbaijan). Tra questi, la necessità di migliorare il monitoraggio e la rendicontazione dei crediti di carbonio per garantire che siano realmente efficaci nel ridurre le emissioni. Un altro punto saliente è stata la definizione di nuove regole per evitare la doppia contabilizzazione dei crediti di carbonio tra Paesi, un problema che minaccia l’integrità del sistema. Tuttavia, molte questioni finanziarie e operative, come l’integrazione delle necessità dei Paesi in via di sviluppo, sono state posticipate per ulteriori negoziati nella COP29.Sul fronte dei mercati volontari, è stata sollevata la necessità di migliorare la governance e l’affidabilità dei crediti di carbonio per evitare che le aziende utilizzino questi strumenti solo per migliorare la propria immagine senza effettivamente contribuire alla riduzione delle emissioni.

 

I crediti di carbonio sono certificati che rappresentano la riduzione di una tonnellata di anidride carbonica (CO₂) o il suo equivalente in altri gas serra. Vengono emessi quando un progetto riduce, evita o rimuove le emissioni di gas serra dall’atmosfera. Questi crediti possono essere scambiati sui mercati volontari o regolamentati, consentendo alle aziende o ai governi di compensare le proprie emissioni acquistando crediti da progetti che contribuiscono alla riduzione globale delle emissioni.
Dico subito che l’efficacia dell’acquisto di crediti di carbonio nel combattere i cambiamenti climatici è oggetto di dibattito. È vero che i crediti di carbonio permettono a chi non può ridurre immediatamente le proprie emissioni di compensarle finanziando progetti che riducono o rimuovono gas serra, come riforestazione, energia rinnovabile o tecnologie di cattura del carbonio, creando un incentivo economico per sviluppare progetti sostenibili che altrimenti non sarebbero finanziati per contribuire a una riduzione globale delle emissioni. Ma, a parte il rischio di greenwashing, alcuni progetti che generano crediti di carbonio potrebbero non essere realmente “addizionali“, ovvero non contribuirebbero a una riduzione di emissioni oltre quella che si sarebbe comunque verificata. Inoltre, l’acquisto di crediti da parte delle aziende non affronta il problema delle emissioni alla fonte e potrebbe rallentare la transizione verso un’economia a basse emissioni.

Vista di alberi verdi della foresta con co2

Questa pratica si colloca all’interno dei mercati di carbonio, che possono essere di due tipi principali: un mercato volontario in cui le aziende o gli individui scelgono volontariamente di compensare le proprie emissioni acquistando crediti di carbonio da progetti che riducono le emissioni, come la riforestazione o l’uso di energie rinnovabili. E un mercato obbligatorio dove le aziende operanti in settori regolati dai governi devono rispettare certi limiti di emissioni e acquistano crediti per rimanere entro questi limiti.
L’idea dietro i crediti di carbonio è che un’entità che non può ridurre direttamente le proprie emissioni possa acquistare il diritto a emettere CO2 compensando tale emissione attraverso investimenti in progetti che la riducono altrove. Esistono diverse tipologie di progetti che generano crediti di carbonio, come ad esempio:
i progetti di riforestazione (le piante assorbono CO2 dall’atmosfera e rilasciano ossigeno); i progetti di energie rinnovabili (sostituiscono fonti energetiche basate su combustibili fossili con alternative più pulite come l’energia solare, eolica o idroelettrica); l’efficientamento energetico (riduzione del consumo energetico industriale o edilizio attraverso tecnologie avanzate o processi più efficienti); i progetti di cattura e stoccaggio del carbonio (tecnologie che catturano il carbonio direttamente dall’atmosfera o dai processi industriali e lo stoccano in modo sicuro). L’acquisto di crediti di carbonio può essere uno strumento utile per ridurre l’impatto ambientale a breve termine e finanziare progetti sostenibili a livello globale. Tuttavia, presenta diversi limiti e rischi che richiedono regolamentazioni più severe, trasparenza e un vero impegno da parte delle aziende verso la riduzione delle emissioni dirette. I consumatori e le organizzazioni devono essere consapevoli dei potenziali problemi legati al greenwashing e preferire crediti verificati da enti indipendenti che garantiscano l’efficacia dei progetti finanziati.

Il sistema è regolato da un insieme complesso di leggi e regolamenti che variano a seconda delle giurisdizioni e dei tipi di mercati, sia obbligatori che volontari. Il Protocollo di Kyoto (1997) è stato il primo accordo internazionale a istituire un sistema di scambio di crediti di carbonio su scala globale. Uno degli strumenti chiave è il Clean Development Mechanism (CDM), che permette ai Paesi sviluppati di finanziare progetti di riduzione delle emissioni nei Paesi in via di sviluppo e ricevere crediti di carbonio in cambio, chiamati Certified Emission Reductions (CER). Questi CER possono essere utilizzati per compensare le emissioni interne. Con l’Accordo di Parigi (2015), i paesi firmatari si sono impegnati a mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali. L’Accordo introduce un meccanismo più flessibile, simile al CDM, che incoraggia le riduzioni delle emissioni in tutte le nazioni. Anche se i dettagli di questo nuovo sistema sono ancora in fase di sviluppo, si prevede che sostituirà gradualmente il CDM di Kyoto.

L’EU ETS è il sistema di scambio di quote di emissione più grande al mondo, istituito dall’Unione Europea nel 2005. In questo sistema, le aziende nei settori altamente inquinanti (energia, aviazione, industrie pesanti) devono rispettare limiti di emissioni di CO2 e possono acquistare o vendere crediti di carbonio per rimanere entro questi limiti. Le European Union Allowances (EUA) sono le unità di carbonio scambiabili, con una tonnellata di CO2 equivalente per ogni credito. L’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (ICAO) ha introdotto il sistema CORSIA per l’aviazione internazionale, che mira a stabilizzare le emissioni di CO2 del settore al livello del 2020. A partire dal 2021, le compagnie aeree devono compensare le emissioni che superano questo livello acquistando crediti di carbonio da progetti qualificati. Nel mercato volontario, infine, ci sono diversi standard di certificazione che garantiscono l’integrità dei crediti di carbonio, ad esempio: il Verified Carbon Standard (VCS) che è uno dei principali standard per la verifica dei progetti di riduzione delle emissioni nel mercato volontario. E il Gold Standard: inizialmente lanciato dal WWF, questo standard è riconosciuto per progetti che non solo riducono le emissioni, ma hanno anche un impatto positivo sulle comunità locali e sull’ambiente. Questi standard dovrebbero garantire che i progetti che generano crediti di carbonio siano verificabili, addizionali (cioè, che non sarebbero avvenuti senza il finanziamento), permanenti e monitorati nel tempo. L’Unione Europea ha emesso varie direttive per regolare il sistema ETS e altre forme di gestione del carbonio. Ad esempio, la Direttiva 2003/87/CE ha istituito il mercato EU ETS, e successivi aggiornamenti hanno introdotto modifiche per rendere il sistema più rigido, riducendo progressivamente il numero di quote disponibili e stimolando la decarbonizzazione. L’UE sta anche lavorando su un meccanismo di aggiustamento delle emissioni di carbonio alle frontiere (CBAM), che imporrebbe un costo per le emissioni di carbonio sui beni importati da Paesi con regolamentazioni ambientali meno rigorose. Questo mira a prevenire la cosiddetta “fuga di carbonio“, ovvero il trasferimento di produzione ad alto impatto ambientale verso Paesi con standard meno rigidi.

Cambiamento climatico con inquinamento industriale

Ma non tutti i progetti che generano crediti di carbonio sono ugualmente efficaci. Ecco perché francamente ritengo, in conclusione, che questo sistema presenti più ombre che luci. Alcuni progetti, ad esempio, potrebbero non raggiungere i risultati sperati in termini di riduzione delle emissioni o potrebbero essere mal gestiti (vedi articolo qui a fianco in GREEN NEWS). Ci sono stati casi di progetti falliti che non hanno apportato i benefici ambientali promessi, mettendo in discussione l’efficacia di alcuni crediti venduti sul mercato. In alcune situazioni, i progetti che generano crediti di carbonio possono avere un impatto negativo sulle comunità locali, ad esempio espropriando terre o limitando l’accesso alle risorse naturali, come nel caso di alcune iniziative di riforestazione e questo solleva questioni etiche riguardanti l’impatto sociale dei progetti. In alcuni mercati di carbonio non regolamentati, si è verificato il fenomeno del doppio conteggio, dove lo stesso credito di carbonio viene venduto più volte o viene contato più di una volta da diverse entità. Questo mina la credibilità del sistema e riduce l’efficacia complessiva del mercato. Infine, l’acquisto di crediti di carbonio può dare alle aziende la sensazione di poter continuare a inquinare senza affrontare realmente il problema delle emissioni, semplicemente compensandole altrove. Questo non risolve il problema della dipendenza dai combustibili fossili e può ritardare l’adozione di vere soluzioni strutturali a lungo termine per ridurre le emissioni.

Il sistema dei crediti di carbonio è in continua evoluzione e regolato da un quadro complesso che coinvolge accordi internazionali, regolamentazioni nazionali, sistemi obbligatori e mercati volontari. Mentre il sistema si propone di essere uno strumento utile nella lotta contro il cambiamento climatico, la sua efficacia dipende dal rigore con cui vengono applicati i regolamenti, dalla qualità dei progetti di compensazione supportati e dal considerarlo sempre e solo come una soluzione temporanea e transitoria.

Giuseppe d’Ippolito